Il giallo della scomparsa della giornalista investigativa svedese Kim Wall aveva assunto contorni macabri sin dall’inizio, quando in agosto il torso della ragazza era stato ritrovato da un ciclista su una spiaggia nei pressi di Copenhagen.

Le indagini avevano rivelato che la donna era morta sul sottomarino dell’eccentrico inventore Peter Madsen che tuttavia si era difeso dalle accuse di coinvolgimento sostenendo che la malcapitata fosse rimasta vittima di un incidente e che lui si fosse limitato a gettarne il cadavere in mare. In particolare aveva dichiarato: “E’ morta per un incidente, per un guasto nel sottomarino, quando un elemento portante metallico pesantissimo le è caduto in testa, io ho semplicemente gettato la sua salma in mare”.

Visti i nuovi sviluppi della vicenda tuttavia, la tesi di Madsen regge sempre meno e gli indizi che portano alla sua colpevolezza si moltiplicano. Pochi giorni fa infatti sono stati ritrovati anche le gambe e la testa della reporter nei fondali della baia di Koge, riportando sulla superficie altri indizi che si spera potranno chiarire ulteriormente questa tragica vicenda.

Gli esami sui resti del cadavere non potranno essere eseguiti immediatamente a causa dell’elevata quantità d’acqua che hanno assorbito. I primi esami tuttavia hanno smentito senza riserve la tesi dell’inventore in quanto non hanno rivelato la presenta di alcun trauma da corpo contundente sulla testa della vittima né fratture in altre parti del corpo.

L’autopsia sul tronco invece ha recentemente rivelato che Kim Wall è stata colpita da ben 14 coltellate all’addome a ai genitali e che gli arti e la testa sono stati presumibilmente rimossi con una potente sega a motore.  Non è ancora chiaro se le mutilazioni siano state inferte prima o dopo la morte della donna.

Nei giorni scorsi la residenza di Madson è stata perquisita da cima a fondo dalla polizia danese e il risultato non è di certo rassicurante: sui PC e negli archivi elettronici dell’inventore sono stati trovati numerosi contenuti con sequenze di torture, mutilazioni e uccisioni di donne.

Nell’attesa che la verità esca finalmente a galla, amici e colleghi di Kim Wall hanno lanciato un fund raising mirato alla copertura assicurativa e alla protezione di giornalisti che svolgono indagini pericolose. Finora hanno raccolto 85mila euro.