Sembra una storia di oggi e di ieri eppure questa storia non ha tempo, a raccontarcela è Gianna Finardi che rievocando il grande cantautore Fabrizio De André fa luce su temi umani che accompagnano l’umanità dalla sua creazione ad oggi.
Ascoltando il sesto 45 giri di De Andrè del 1964 si possono ammirare due canzoni che sono agli antipodi, incise sulle facce opposte del vinile: “Valzer per un amore” e “La canzone di Marinella”.
Il primo brano è un invito a cogliere la “bella giovinezza” finché è possibile, poiché la bellezza è effimera e destinata a spegnersi.
“La canzone di Marinella” invece ha a che fare con il tema delle difficoltà impreviste della vita, di un amore di giovinezza che culmina con la morte e con una notizia di “nera”: il ritrovamento del corpo di una donna lungo le rive del fiume Olona, nel tratto tra Rho e Milano.
Un giorno Fabrizio De André apprese proprio questa notizia ed è questo il motivo per il quale la canzone inizia con le famose parole “Questa di Marinella è una storia vera”
Si trattava infatti di un episodio di violenza sulle donne, un tema che purtroppo resta molto attuale anche nell’odierna e ordinaria cronaca tanto da rendere perfettamente attuale questa canzone.
Ma chi era la Marinella del sesto vinile di De André? Si trattava di una certa Maria Boccuzzi nata l’8 ottobre 1920 a Radicena, piccolo paesino della Calabria. Maria emigrò al nord assieme alla famiglia, a Milano, all’età di nove anni, in cerca di un lavoro migliore. Sul lavoro conobbe un amore, Mario, che però fu subito disapprovato dalla famiglia di lei, così che lei si licenziò e scappò di casa con il suo innamorato. Le difficoltà economiche e l’impossibilità di riallacciare i rapporti con la famiglia portarono alla fine del rapporto amoroso tra i due, che dopo appena un anno si lasciarono.
A questo punto, senza dimora, senza lavoro e senza amore, decise di intraprendere la strada di ballerina di varietà col nome d’arte di “Mary Pirimpò”. Qui conobbe un tale Luigi Citi, di cui divenne l’amante, che la “cedette” a Carlo Soresi, conosciuto come “Carlone”, di professione protettore, che l’avviò alla prostituzione. Da questo momento, la vita di Maria fu tutto un susseguirsi di eventi nefasti. Iniziò a prostituirsi in una casa chiusa a Torino; e arrivò infine a Milano.
La notte del 28 gennaio 1953, Maria Boccuzzi venne uccisa a revolverate e spinta nell’Olona forse ancora agonizzante. De André commentando questa atroce vicenda disse: “…non potevo far niente per restituirle la vita, così le ho cambiato la morte”. Infatti la canzone è caratterizzata da toni soavi, riferimenti alla primavera, a colori simbolici come il bianco e il rosso, in una sorta saluto delicato per restituire alla vittima la giovinezza persa e la dignità strappata, per ridarle quell’alone di umanità che si dissolse all’atto brutale del suo omicidio.
Marinella ci viene descritta come una donna innocente, incapace di difendersi, che ha cercato in tutti modi di combattere la miseria, la solitudine e la fame ma che alla fine, ingannata dall’amore, lo stesso amore sinonimo di speranza che l’ha condotta a momenti di disperazione, è caduta in un circolo vizioso di eventi culminati con la morte.
Interpretazione della canzone da parte di don Luigi Ciotti «Una storia senza tempo, che parla di persone senza storia. Sembra storia di oggi, ma è purtroppo storia di sempre. Una tragedia anonima, capace di rubare dieci righe a un giornale di provincia, letta alla luce della cronaca. Vista in controluce, invece, diventa un dramma intenso, oltre la storia, a tracciare il percorso della radicata vicinanza tra amore e morte. Di un amore che non conosce scale gerarchiche, di una morte che sublima in dignità estrema del povero ».
Il mio pensiero Quella di Marinella evoca classiche storie di donne uccise dai mariti o dai fidanzati, storie che nei media suscitano la morbosa curiosità del pubblico. Hanno come vittima una donna: sia che si tratti di amori vili e malati, da parte di persone che ricambiano l’amore con la moneta di scambio della morte, dell’inganno e della follia, sia che si tratti di uomini che per un senso malsano di potere vogliono prevaricare sulle donne.
Se poi parliamo di omicidi “passionali“ allora possiamo solo pensare che si tratti di una piaga sociale irrisolta perché anche se poi sopraggiunge la giustizia dello stato, quale giustizia può riportare alla vita e alla gioia? Le giustizie umane sono temporali, legate ad atti dovuti per legge, ma la giustizia della vera morale e dell’amore resta unicamente nelle mani di Dio. Forse in terra non la vedremo mai con gli stessi occhi con i quali leggiamo certe notizie macabre sui tabloid del giorno.
Non mi dilungo parlando di statistiche di omicidi di donne o quant’altro, ma vorrei lanciare una provocazione per ognuno di noi, uomo o donna che sia: “Ricordatevi che la prima donna della vostra vita è stata vostra madre e compiere certi atti nefasti, di natura fisica o psicologica, è come mancare di rispetto alla propria mamma che ci generato e allevato”.
Gianna Finardi
Questa di Marinella è la storia vera
che scivolò nel fiume a primavera
ma il vento che la vide così bella
dal fiume la portò sopra a una stella
sola senza il ricordo di un dolore
vivevi senza il sogno di un amore
ma un re senza corona e senza scorta
bussò tre volte un giorno alla tua porta
bianco come la luna il suo cappello
come l’amore rosso il suo mantello
tu lo seguisti senza una ragione
come un ragazzo segue l’aquilone
e c’era il sole e avevi gli occhi belli
lui ti baciò le labbra ed i capelli
c’era la luna e avevi gli occhi stanchi
lui pose le sue mani sui tuoi fianchi
furono baci furono sorrisi
poi furono soltanto i fiordalisi
che videro con gli occhi delle stelle
fremere al vento e ai baci la tua pelle
dicono poi che mentre ritornavi
nel fiume chissà come scivolavi
e lui che non ti volle creder morta
bussò cent’anni ancora alla tua porta
questa è la tua canzone Marinella
che sei volata in cielo su una stella
e come tutte le più belle cose
vivesti solo un giorno , come le rose
e come tutte le più belle cose
vivesti solo un giorno come le rose