Gerusalemme 22 dicembre 2017

Una delle imprese più difficoltose per un giornalista, anzi la più difficile in assoluto, è cercare di capire il filo conduttore che lega vicende che accadono anche distanza di tempo una dall’altra.
Serve una memoria di acciaio e un archivio ordinato.
Ogni giorno accadono decine di fatti e di questi solo alcuni, i più importanti o particolari, sono riportati dagli organi di stampa.
Vicende che vivono il loro quarto d’ora di notorietà per poi essere cancellate dalla fretta, dal tempo e dalla nuova notizia.
Ogni tanti, quasi per incanto, arriva la madre di tutte le notizie, quella che mette ordine, quella che se si usa un po’ di immaginazione ci fa riaprire i cassetti della memoria e ci fa cercare quelle informazioni che erano passate davanti ai nostri occhi per poi essere archiviate dal cervello.
Poi, dopo averle rimesse in ordine, le unisce come fossero tessere di un grande puzzle.
A quel punto, solo per chi ha il coraggio di guardare nei particolari, la madre di tutte le notizie offre un quadro più completo ed escono allo scoperto situazioni che mai avremmo potuto immaginare.

La madre di tutte le notizie a cui mi riferisco è lo scoop di politico.com che ha pubblicato le dichiarazioni di David Asher, ex funzionario della DEA e direttore del progetto ‘Cassandra’, quel gruppo di agenti speciali che si prefiggevano di stroncare un enorme traffico di cocaina gestito da Hetzbollah che partiva dal Sud America e arrivava negli USA e in Canada. Indagini fermate e boicottate dall’amministrazione Obama per non irritare l’Iran in vista degli accordi sul Nucleare firmati poi a Ginevra.
Proprio su ticinolive.ch avevo pubblicato un mio pezzo che riprendeva lo scoop di Politico.com;e un altro articolo di riflessione, dove avevo posto l’attenzione principalmente sul netto ribasso del prezzo della cocaina anche in Europa, ribasso sicuramente dovuto a una fortissima crescita dell’offerta sul mercato. Prove non ce ne sono, ma Giulio Andreotti, che era un maestro in politica estera, ripeteva sempre che a pensare male era peccato ma che spesso ci si azzeccava.

Anche se il pezzo era già stato pubblicato era rimasta in me la sensazione di non aver messo a posto tutte le tessere del famoso puzzle e per capire cosa ancora mi sfuggiva sono tornato sul sito di politico.com.

Rileggendo le dichiarazioni di David Asher ho questa volta focalizzato la mia attenzione sulla parte in cui lui dichiara che il progetto Cassandra aveva collaborato con i servizi segreti israeliani, che nell’indagine c’erano agenti infiltrati sotto copertura e che una banca libanese fungeva da ‘lavanderia’ per riciclare somme da capogiro, circa 200 milioni di $ al mese.
Se ‘Cassandra’ collaborava con gli israeliani quasi sicuramente gli agenti sotto copertura, non erano della DEA ma israeliani, o libanesi sul libro paga di Gerusalemme costretti a fare gli straordinari per lo zio Sam.
Rileggendo questa parte della dichiarazione e considerando che la ‘Casa Bianca’ esercitava un pesante boicottaggio, mi sono tornate in mente alcune vicende lontane nel tempo che forse sono legate fra loro e a quest’intrigo.
Il 10 gennaio 2011, durante il secondo anno della prima amministrazione Obama, il Corriere della Sera ci raccontava:
Iran: “Distrutta rete di spie del Mossad”, l’annuncio della tv di Stato: il network era coinvolto nell’omicidio di uno scienziato nucleare iraniano.

Poi il 20 ottobre del 2012, dopo che diverse voci erano già girate negli ambienti giornalistici, voci che probabilmente arrivavano da fonti anonime dei servizi segreti israeliani, il New York Times confermava i sospetti che gli Stati Uniti avevano aperto un tavolo segreto di trattative con l’Iran alle spalle di Israele che, questo è un dato di fatto, era ed è ancora nel mirino degli Ayatollah.

Mentre la crisi politica fra Washington e Gerusalemme si faceva sempre più tesa, con il Pentagono che rivelava alla stampa le operazioni dell’esercito israeliano in Libano e in Siria, come ad esempio il bombardamento del sito atomico siriano in costruzione con l’ausilio di tecnici nord-coreani, o la distruzione in Libano del deposito dove erano stati stoccati dei sistemi missilistici antiaerei russi del tipo S-300, probabilmente destinati ad Hezbollah, il 07 Gennaio 2015 Il quotidiano Il Giornale pubblicava una notizia decisamente inquietante.

Una spia dentro Hezbollah: israeliano assistente del capo. Annunciato l’arresto di Mohammed Shawraba, «vicino allo sceicco Nasrallah»: avrebbe passato informazioni in grado di bloccare cinque attacchi a Gerusalemme.

Ragionando per ipotesi e basandomi sul quel poco di certo che è trapelato in questi anni ho provato a seguire il filo rosso cercando di capire cosa David Asher nelle sue dichiarazioni potrebbe aver taciuto.
Il primo particolare importante per capire quale era l’atmosfera che si respirava in quegli anni è che Meir Dagan, l’allora capo del Mossad, i servizi segreti israeliani, alla fine del 2010 o durante il primo trimestre del 2011 diede probabilmente l’ordine di selezionare la documentazione e le informative che venivano passate alle varie agenzie USA.
Il secondo particolare è che il controspionaggio iraniano, che per anni non era riuscito a capire come lavorassero gli agenti israeliani infiltrati, quelli che avevano il compito di ritardare il programma nucleare, nel gennaio del 2011, come per magia, riesce addirittura a distruggere una rete completa del Mossad, ma non è tutto perché a gennaio del 2015 Hetzbollah riesce addirittura a capire che Mohammed Shawraba, uno degli uomini più vicini allo sceicco Nasrallah è diventato un doppiogiochista.
Notizie di operazioni militari israeliane che dovevano rimanere segrete escono alla luce a distanza di poche ore, reti di agenti infiltrati che per incanto vengono scoperti e un doppiogiochista esperto che si fa beccare come uno stupido con le mani nel sacco. Vicende che fino alle dichiarazioni di Asher erano a sé stanti ora assumono altre fisionomie e non bisogna essere James Bond per capire che qualcosa, anzi molto, non torna.
Ora però, sempre se dichiarazioni e documenti dovessero risultare autentici, gli indizi su un’amministrazione che, soprattutto in medioriente ha giocato con un fuoco che è costato la vita a migliaia di persone, diventano sempre più pesanti e c’è da chiedersi se oltre a permettere il traffico di cocaina a Hetzbollah e Iran siano stati fatti anche dei regali di intelligence a spese dell’unico vero alleato che gli USA hanno sempre avuto nella regione.
Anche se è difficile che ciò accada, la speranza è che venga istituita una commissione di inchiesta del Senato che faccia luce sui troppi fatti oscuri che hanno caratterizzato gli otto anni dall’amministrazione Obama e della sua segretaria di Stato Clinton, a cominciare dall’assassinio di Christopher Stevens a Bengasi e del suo diario che, dopo essere stato recuperato da giornalisti della CNN il giorno dopo l’assalto, è sparito nel nulla.