Il prof. Maurizio Balestra è Vicepresidente e Coordinatore culturale dell’ASI, l’Associazione Svizzera Israele sezione Ticino. Il Giorno della Memoria è imminente, cadrà dopodomani. La sua valenza è “ebraica” o “universale”? Che cos’è il Negazionismo? Si può/si deve distinguere tra antisemitismo e antisionismo? Domande brucianti che richiedono una risposta competente e profonda.

Un’intervista di Francesco De Maria.

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Francesco De Maria  Quando, e da chi, fu istituito il “Giorno della Memoria”?

Maurizio Balestra  Fu istituito dall’Assemblea Generale dell’ONU, che nel novembre del 2005 (Risoluzione 60/7), rifiutando qualsiasi negazione dell’Olocausto e condannando senza riserve tutte le manifestazioni (su base etnica o religiosa) di intolleranza, incitamento, molestia o violenza contro persone o comunità, designò il 27 gennaio – anniversario della liberazione del campo di sterminio di Auschwitz, come Giornata internazionale di commemorazione in memoria delle vittime dell’Olocausto

Questa celebrazione dev’essere intesa come unicamente e “gelosamente” ebraica, o può rivestire un significato più ampio?

Certamente è una celebrazione che riguarda innanzitutto il popolo ebraico, così tragicamente colpito dalla Shoah, ma proprio per questo suo carattere tocca ogni uomo, cosciente della propria umanità. Il “Giorno della memoria” ha dunque una portata universale. La memoria della Shoah, pur conservando la sua irriducibile singolarità – lo sterminio di un intero popolo, pensato, pianificato, realizzato con un misto di burocratica freddezza e di efferata crudeltà – per sua natura non può che rendere più acutamente attenti nei confronti di ogni sistematica violazione e cancellazione della dignità umana ovunque avvenga. Far memoria della Shoah significa dunque anche lottare per la verità storica circa violenze e genocidi del passato e impegno affinché non si ripetano nel presente. Un presente purtroppo così carico di terribili violenze.

Mi ricordo di aver letto, tempo fa, una riflessione molto intensa sulla unicità dell’Olocausto. Detto in parole semplici: noi non lo spartiamo con nessuno. È giusto che sia così?

L’Olocausto ha certamente una sua unicità. E il dolore e la sofferenza del popolo appartengono alle fibre più intime del popolo ebraico. La “soluzione finale”, maturata come punto d’arrivo della persecuzione nazista, è un disegno di inaudita radicalità, nello scopo e nei metodi utilizzati. I “campi di sterminio”, espressione di questo orribile progetto, sono una tragica peculiarità del nazismo.

I nazisti sterminando il popolo ebraico miravano anche a cancellare quell’esperienza della persona umana portatrice di un valore assoluto, persona libera e responsabile, di cui il popolo ebraico era da sempre testimone. Quell’esperienza che aveva generato tutta la tradizione umanistica della civiltà giudeo-cristiana. E per questa ragione – osservo per inciso – almeno per i nazisti più radicali, lo stesso cristianesimo, proprio per il suo inscindibile legame con l’ebraismo, era destinato all’estinzione.

Quel che era in gioco era l’idea stessa che ogni uomo ha una coscienza libera, che lo chiama a giudicare ciò che è bene e ciò che è male, giusto e ingiusto e lo chiama alla responsabilità personale. Una coscienza che si interroga sul significato del vivere e dell’agire. Proprio quello che i nazisti non potevano accettare: l’uomo nuovo nazionalsocialista doveva essere liberato dal fardello della coscienza, dal compito di “pensare” nel senso più profondo del termine. Tutta la cultura ebraica, non per nulla definita dai nazisti “dissolutrice”, testimoniava proprio il contrario. Ciò detto, questa “unicità” non va messa in concorrenza rispetto ad altre tragiche forme di violenza di cui è segnata la storia passata e presente. Pensiamo solo ai milioni di vittime del terrore staliniano. Poi non dimentichiamo che ogni vittima ha lo stesso valore. E questa consapevolezza è parte viva dell’ethos ebraico.

Abbiamo assistito, in mezzo a un folto pubblico, alla proiezione del film “Denial”, che significa “negazione”. Vi si racconta il processo per diffamazione intentato dallo storico negazionista David Irving alla professoressa Deborah Lipstadt, che l’aveva accusato di falso volontario e simpatie naziste. Che cosa le ha dato questo film?

È un film che ho vissuto con viva partecipazione e che trovo abbia ricostruito in modo efficace la vicenda del negazionismo di Irving e più in generale la dinamica del negazionismo.

Quanti e quali libri di Irving ha letto? Le falsificazioni della storia risultano a Suo avviso evidenti? I testi hanno almeno un’apparenza scientifica?

Devo confessare che non ho letto nessun libro di Irving, anche se mi è capitato di imbattermi nelle sue tesi. Siccome la Shoah è una realtà storica evidente in tutta la sua ampiezza, la falsificazione del dato storico essenziale è altrettanto evidente, anche se tale falsificazione, che si può dimostrare attraverso un’analisi storica seria, tende a mascherarsi dietro una veste pseudoscientifica. In genere i negazionisti contemporanei tendono ad evitare le forme più grossolane di negazionismo, utilizzando metodi apparentemente più scientifici e distaccati.

Ci spieghi con precisione la differenza tra Revisionismo e Negazionismo.

Il revisionismo storico è la tendenza a rivedere la valutazione di certi eventi storici, alla luce eventualmente di nuovi dati che la ricerca storica fa emergere. In un certo senso la ricerca storica è sempre alle prese con approfondimenti, calibrature, eventuali revisioni parziali o meno di giudizi. Naturalmente esiste il rischio di un revisionismo non dettato da fondate ragioni storiche, ma da motivazioni ideologiche. In questo senso un dialogo aperto e franco tra gli storici seri, che metta alla prova le ipotesi revisioniste, è di fondamentale importanza. Il negazionismo consiste invece nel negare che un certo evento storico sia avvenuto o quantomeno avvenuto nel modo in cui la ricerca storica l’ha finora presentato. Il revisionismo può anche condurre alla convinzione che un certo fatto non sia avvenuto o non sia avvenuto in un determinato modo comunemente riconosciuto. Il termine negazionismo è utilizzato soprattutto in relazione al nazismo e alla Shoah e indica la negazione della Shoah o il suo drastico ridimensionamento.

È giusto che il Negazionismo non sia considerato soltanto una “aberrazione culturale” bensì un vero e proprio reato? Non ne viene lesa la libertà d’espressione, uno dei diritti fondamentali dell’uomo?

È una questione delicata. La libertà d’espressione è sacrosanta. Tuttavia come sappiamo ogni libertà non è mai assoluta ma ha dei limiti. E il limite è dato dal fatto che l’esercizio della mia libertà non leda la libertà altrui o non rechi in modo prevedibile danno morale o fisico ad altre persone. La negazione dell’Olocausto è una deliberata menzogna storica e questa falsificazione non è innocua. Non è come negare che l’uomo sia mai arrivato sulla luna. È una falsificazione che colpisce moralmente in modo grave la memoria di tutte le vittime, i superstiti ancora in vita e tutto un popolo. Ed inoltre contribuisce a far sparire nelle nebbie della storia, ciò che invece non va dimenticato. Ciò giustifica il fatto che la legge consideri reato il negazionismo. Ciò non limita in nessun modo la libertà della ricerca storica seria. Naturalmente la legge va applicata con criterio e capacità di discernimento.

Il Negazionismo potrà essere definitivamente sconfitto, per non tornare mai più? Se sì, come?

Difficile dire se potrà essere definitivamente sconfitto. Ciò dipende, nel caso del negazionismo dell’Olocausto, dal destino dell’antisemitismo. È l’antisemitismo radicale il presupposto del negazionismo. Questo ci porta a riflettere sul fenomeno dell’antisemitismo, nella sua origine storica, nella sua evoluzione e nella sua persistenza nel mondo contemporaneo. Oggi spesso l’antisemitismo assume il volto più presentabile dell’antisionismo. Non tutto l’antisionismo, ma certamente una parte significativa di esso, è dettato da sentimenti e pregiudizi antisemiti. Il nuovo volto del complotto mondiale ebraico, agli occhi di molti, passa per il movimento sionista e lo Stato di Israele. Per questo ci troviamo ancora a dover difendere il diritto di Israele ad esistere e a vivere in sicurezza. Combattere questo tipo di antisionismo non ha nulla a che vedere con negare il diritto di esprimere legittime critiche a certi aspetti della realtà di Israele, così come avviene per tutte le realtà umane, Svizzera compresa. L’antisemitismo si combatte innanzitutto attraverso un’educazione costante al valore della persona, della coscienza, della libertà, della dignità assoluta di ogni essere umano. Mostrando quanto l’ebraismo, assieme al cristianesimo, ha contribuito e contribuisce a far fiorire questi valori.

Sabato 27 gennaio 2018 sarà Giorno della Memoria. Che cosa propone l’Associazione Svizzera Israele sezione Ticino per quel giorno solenne?

Quest’anno proponiamo un evento di grande significato ed interesse: lo spettacolo “La farfalla risorta”: una produzione, per metà musicale con musiche klezmer / jazz ebraiche composte tra i primi del Novecento e gli anni della Shoah a Terezin (Theresienstadt) e per metà dedicato al racconto dell’esperienza unica del ghetto di Terezin, con letture dal libro “La Repubblica delle farfalle” di Matteo Corradini. Lo spettacolo riporta a suonare il clarinetto e l’ottavino utilizzati a Terezin, per la prima volta dopo 70 anni di silenzio.

Terezin, non distante da Praga, era un campo di transito verso i campi di sterminio (circa 140000 ebrei, di cui 15000 bambini, vi vennero deportati, un quarto di essi morì nel campo e 88000 vennero deportati vero i campi di sterminio). Era un campo in cui furono deportati anche molti artisti ed intellettuali. Un campo che, in condizioni così dure, vide fiorire un’importante produzione culturale, artistica letteraria e musicale e vide anche una delle più crudeli messe inscena dei nazisti, nel 1944, per farlo apparire un campo modello, con condizioni di vita idilliache, ai delegati della Croce Rossa Internazionale, accettati su insistenza del governo danese. Lo spettacolo con inizio alle 20 al Teatro Foce (posti esauriti) sarà trasmesso in diretta da Rete Due.

Esclusiva di Ticinolive