Pubblichiamo questa intervista come testimonianza personale e documento, per cercare di comprendere la situazione attuale di un paese nel quale abbiamo vissuto e che abbiamo amato. Quella di Contucci, un uomo coraggioso ed estremamente motivato, non è l’unica visione possibile, lo comprendiamo perfettamente.

Contucci è già stato intervistato da Ticinolive (leggere qui).

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Dalla “passione” di un uomo di Stato che ha scelto di proteggere i propri concittadini, alla “rabbia” nello scoprire di far parte di un sistema marcio. E’ questa la storia di Daniele Contucci, ribattezzato “poliziotto coraggio” per la scelta di denunciare in un libro intitolato “Dalla passione alla rabbia“, la gestione dell‘immigrazione piegata alle logiche del profitto e del malaffare, attaccando direttamente i vertici della polizia. Una scelta che Daniele Contucci ha pagato sulla propria pelle con ritorsioni di ogni tipo che hanno portato alla fine della sua carriera nelle forze dell’ordine e all’inizio della sua avventura politica con CasaPound, candidato nel collegio Lombardia 2 alle prossime elezioni politiche.

Chi è Daniele Contucci? Quando nasce questa “rabbia” e da cosa è scaturita?

Io sono un semplice poliziotto, ormai “ex”, che ha avuto la possibilità di lavorare in prima linea sul fronte dell’immigrazione, nella task force della Direzione Centrale dell’Immigrazione della polizia, da Cuneo ai porti siciliani fino al Cara di Mineo. Ho denunciato fatti che ho vissuto in prima persona: come lo sbarco al porto di Augusta di 1200 immigrati, dei quali 66 con la scabbia e 5 con la Tbc, dove fummo mandati allo sbaraglio senza protocolli sanitari previsti e mascherine inadeguate. Io stesso per paura di aver contratto malattie gravi non vidi mio figlio appena nato per 40 giorni, quando invece quegli immigrati furono lasciati liberi di circolare sul territorio italiano. Per non parlare del mancato fotosegnalamento di oltre 100 mila persone sbarcate sulle nostre coste, un problema incredibile per la nostra sicurezza nazionale. E’ qui che nasce la mia rabbia. Ho ricoperto un incarico da sindacalista del Consap, grazie alle mie denunce del 2014 per fortuna ora le cose sono cambiate, adesso i colleghi sono più tutelati.

Tutti ormai parlano del “business dell’immigrazione”. Tu hai avuto modo di farci i conti in modo “diretto”

Io ho avuto a che fare soprattutto con il Cara di Mineo. Con la nostra squadra specializzata eravamo riusciti ridurre i termini di permanenza degli immigrati da 18 a 6 mesi, tanto che i colleghi vennero anche premiati dal questore di Catania. Ovviamente alle cooperative che lucravano sugli “ospiti” del centro questo non piaceva, visto che 35 euro al giorno per 4000 mila persone sono una bella torta. Andare a toccare gli interessi del centro rifugiati più grande d’Europa ha portato prima ad un inaspettato dimensionamento della nostra unità, poi alla chiusura vera e propria. Non è un caso se Buzzi nell’ambito di Mafia Capitale disse “se parlo del Cara di Mineo cade il governo”. Il ministro dell’Interno all’epoca era Alfano, che aveva degli interessi “particolari” su quella struttura. Io feci fare una interrogazione in sede Copasir, denunce pubbliche sulla gestione dell’immigrazione, ma quando hanno intaccato il Cara di Mineo l’iter si è fermato. 

Quale è stato il “prezzo” che hai pagato per queste denunce?

Mi hanno fatto una serie di ritorsioni, anche pesanti. Non mi firmavano le ferie per vedere mio figlio appena nato dopo, colpivano e trasferivano le persone vicine a me, tre giorni prima del parto cesareo della mia compagna con la gravidanza a rischio, mi hanno notificato il trasferimento d’urgenza con la volante manco fossi un criminale. Ho fatto una causa per mobbing, mi hanno creato stati d’ansia e destabilizzato la mia vita familiare. Il 22 gennaio scorso sono stato riformato, ma avevano avviato una istruttoria disciplinare per destituirmi, pur non trovando nulla che avesse una rilevanza penale. Anche perché mi avrebbero dovuto querelare per le mie denunce, ma non lo hanno fatto perché io racconto la verità. 

In passato hai avuto esperienze politiche con Lega e Fratelli d’Italia. Perché ora hai scelto di aderire a CasaPound?

Io sono stato utilizzato dalla Lega Nord per oltre un anno. Ho fatto numerosi comizi in provincia di Bergamo, interviste a Radio Padania. Quando ho toccato i poteri forti però, mi hanno messo da parte. Non dimentichiamoci che il Cara di Mineo fu aperto da Maroni nel 2009 quando era ministro dell’Interno. Ho puntato il dito contro i vertici che gestivano tutta l’immigrazione e sono diventato scomodo, “ingestibile”. I partiti di sistema, i sindacati, mi hanno fatto tacere e allora mi sono avvicinato a CasaPound, un movimento veramente anti sistema, molto sensibile al tema dell’immigrazione e della sicurezza. Mi hanno dato voce e la possibilità di raccontare la mia verità. 

Dove nasce la decisione di candidarti alle prossime elezioni?

Io penso che prima gli italiani non sia solo uno slogan. E allora io, che mi sento un vero italiano, che sono stato all’interno dello Stato proprio per tutelare i cittadini, voglio portare la battaglia all’interno delle istituzioni. Ci sono tante cose da risolvere, anche per i miei colleghi, sempre senza i mezzi e la sicurezza necessari per svolgere il proprio dovere. Credo che CasaPound abbia voluto puntare sul coraggio di un uomo di Stato che ha scelto di contrastare un sistema che va contro gli interessi dell’Italia.