L’organizzazione armata terroristica basca nella prima settimana di maggio dichiarerà definitivamente la sua autodissoluzione ritenendo conclusa la propria attività violenta di lotta armata indipendentista di oltre mezzo secolo che ha causato più di 800 vittime.

Con una dichiarazione scritta con una lingua lontana dalle sue comunicazioni tradizionali attraverso i giornali nazionalisti Gara Berria, i separatisti dell’ultima organizzazione terroristica sul suolo europeo hanno ammesso che in questi decenni di terrorismo hanno causato molta sofferenza, una sofferenza eccessiva”, riconoscendo la propria responsabilità diretta e impegnandosi  in un atto di contrizione.

Siamo consapevoli di aver causato un grande dolore per lungo tempo, incluso un danno irreparabile. Vogliamo esprimere il nostro rispetto per i morti, i feriti e le persone che hanno subito azioni ETA. Lo rimpiangiamo davvero”. 

Il popolo basco occupa un territorio diviso tra la Spagna settentrionale e la Francia nella regione dei Pirenei. La loro lingua è di origine pre-indoeuropee e non condividono alcuna radice comune con lo spagnolo. Durante i secoli la regione aveva goduto di molta autonomia fiscale concessa dalla Corona spagnola. Autonomia che fu improvvisamente interrotta durante l’ultima guerra civile dei carlisti cattolici controrivoluzionari che combattevano per il mantenimento della monarchia spagnola del fine ottocento generando i primi movimenti nazionalisti organizzati. La prima formazione dell’ETA ispirata a interpretazioni guerrigliere marxiste è datata luglio 1959, un ventennio dopo la presa del potere del generale Francisco Franco.

Molti spagnoli però ritengono questo mea culpa troppo teatrale per essere onesto.

Fin dai primi attacchi avvenuti negli ultimi anni della dittatura del “generalissimo”, l’ETA ha sempredato una veste teatrale alle sue imprese e alle sue parole. Alla vigilia della loro scomparsa definitiva, i leader di ciò che rimane di questa organizzazione che per tanti anni è stata l’incubo della Spagna, tentano una messa in scena finale: il rituale del perdono, al preambolo dell’autodissoluzione pianificato esattamente un anno dopo il loro disarmo che è stato convalidato da osservatori internazionali.

Chiaramente cercano una forma di unzione internazionale all’uscita dalla scena. Questa autocritica è un fatto senza precedenti e un contributo definitivo alla pace, ha detto Arnaldo Otegi, leader del gruppo separatista Bildu (ex braccio politico dell’ETA). 

Ma  la classe politica, e in particolare il primo ministro spagnolo, Mariano Rajoy, non vede le cose allo stesso modo: “questa liberazione è il risultato della feroce difesa dello stato di diritto.  E il leader socialista Pedro Sánchez invece la definisce: un’amara vittoria della democrazia su ETA.

 I separatisti invece sembrano voler dare un significato differente alle loro azioni terroristiche e più in particolare sembrano voler sottolineare come la loro violenza sia scaturita da quella praticata dalla dittatura del generale Franco. 

In questo mea culpa, gli ultimi leader dell’ETA stabiliscono un doppio standard per le vittime. Da un lato quei cittadini che non hanno responsabilità, “per loro, chiediamo perdono”, dall’altra tutto il resto, polizia, guardie civili, funzionari municipali eletti, parti del “conflitto” agli occhi dei terroristi baschi. 

E questo ha causato la reazione rabbiosa di molti. A cominciare dal capo dell’esecutivo basco, Iñigo Urkullu, un nazionalista moderato: L’ETA deve la stessa considerazione a tutte le vittime, senza fare alcuna differenza”.  

Per quanto riguarda il presidente dell’Associazione delle vittime del terrorismo, María del Mar Blanco, con questa insidiosa retorica che accompagna il mea culpa, l’ETA non cerca nient’altro che dare un significato politico a una tragedia inutile di cui l’organizzazione è l’unica responsabile.

Il governo basco non sarà presente alla cerimonia prevista il 4 maggio nella città francese di Camboles-Bains, in cui la presunta fine dell’ETA sarà dichiarata, perché non sono state create le condizioni preliminari necessarie per partecipare. Lo ha rivelato martedì il portavoce dell’esecutivo basco, Josu Erkoreka.

L’esecutivo basco ha deciso di non partecipare alla cerimonia anche se la rispetta ma ritiene che ciò che conta siano le parole in cui si produrrà la formula per la soluzione ETA e non tanto lo scenario che lo accompagna. L’esecutivo di Iñigo Urkullu attende la dichiarazione ETA “di chiarezza nella conferma della sua definitiva scomparsa e la stessa considerazione etica per tutte le vittime.

Il pentimento dell’ETA è destinato a rafforzare politicamente e in termini di immagine Madrid, impegnata ad arginare le aspirazioni indipendentiste di Barcellona, finora mai sconfinate nell’uso della violenza. La richiesta di perdonomostra la forza dello Stato di diritto che ha battuto l’organizzazione terroristica con le armi della democrazia.