Ieri il Parlamento spagnolo ha approvato una mozione di sfiducia presentata contro il governo del conservatore Mariano Rajoy. La mozione era stata presentata dal Partito socialista (PSOE) capeggiato da Pedro Sánchez ed è stata accolta con 180 voti a favore e 169 contrari. Rajoy ha dovuto immediatamente dare le dimissioni al re Felipe VI e lasciare il posto a Sánchez.
Pedro Sánchez ora deve progettare una nuova struttura governativa con la stessa velocità con cui Rajoy deve sfrattare la sua squadra da La Moncloa, il palazzo storico a Madrid che ospita la sede della Presidenza del Governo.
Essenziali sono stati i voti del Partito nazionalista basco (PNV) che aveva annunciato di voler dare il suo appoggio a Sánchez dopo che quest’ultimo aveva garantito loro di approvare la Finanziaria con importanti investimenti infrastrutturali per Euskadi (Paesi Baschi).
Tutto era iniziato il 24 maggio scorso con il cosiddetto “caso Gürtel”, quando il Tribunale nazionale con sede a Madrid ha inflitto una dura condanna a 29 membri del PP (Partito popolare) di Rajoy nell’ambito di un maxi processo. Corruzione, appropriazione indebita di fondi pubblici e riciclaggio di denaro, queste le condanne della giustizia spagnola che ha svelato un sistema di versamenti di tangenti a deputati del partito in cambio di assegnazioni di appalti pubblici in diverse regioni della Spagna. Non si tratta della prima volta che il PP viene coinvolto in uno scandalo di questo tipo ma questa volta è stata diversa. Il giorno dopo della sentenza infatti il partito socialista (PSOE), che si trovava all’opposizione, ha presentato una mozione di sfiducia contro il premier conservativo Mariano Rajoy.
L’ex professore di economia conquista un posto nella storia spagnola come il primo politico a spodestare un presidente del governo attraverso una mozione di sfiducia. Ma si prospetta per lui un viaggio non proprio facile, l’euforia è contenuta. Sánchez è diventato ieri il primo ministro e diventerà oggi il nuovo capo del governo. La notizia di essere arrivato al potere in questa forma inaspettata ha fatto scalpore nell’ambiente politico. Un cambiamento brusco e inaspettato senza la preparazione che coinvolge un’elezione generale.
Il fatto di dover delineare lo schema del governo in tempi davvero brevi è una situazione inedita – una mozione di sfiducia in 40 anni, qualcosa che non era mai successo prima in Spagna – che genera anche molti scenari inesplorati. Sánchez deve rapidamente preparare la nomina di un nuovo Consiglio dei ministri e reinventarsi l’opposizione. Cercherà di fare un piccolo governo che si concentri sulla gestione del paese per recuperare la normalità e stabilità lavorando solo per alcuni mesi. La sua politica dovrà dunque concentrarsi in un breve periodo prima di portare il paese a nuove elezioni generali da tenere prima delle regionali del maggio 2019. Un mandato, quello che ufficialmente riceve oggi, per il quale non si ha nessuna certezza, un periodo pieno di incognite per durata e contenuto.
Il PSOE presuppone infatti che il PP bloccherà qualsiasi riforma importante dello Stato. Come la riforma della Costituzione spagnola che rappresenta il grande impegno socialista per aprire una soluzione al conflitto territoriale della Catalogna. Le strizzatine d’occhio di Sánchez in Catalogna nei giorni passati hanno raccolto il supporto per consentire la mozione di sfiducia.
Sánchez dovrà cercare la distensione promessa con la Catalogna attraverso formule più concrete e meno ambiziose ma più efficaci a breve termine. Ieri non ha esitato a promettere che, a differenza del PP, il suo nuovo governo “ascolterà” la Catalogna.
Quasi certa dunque la presenza di un rappresentante del PSC (Partito dei socialisti di Catalogna) nell’esecutivo mentre probabilmente per il momento Sánchez cercherà di ignorare il partito di Podemos, un partito di sinistra ma contrario alle politiche dell’Unione europea.