Questo articolo non è politicamente corretto e non piacerà a tutti. Secondo noi – in presenza di un diluvio di informazione/opinione “mainstream” soverchiante – merita di essere pubblicato, in un intento di corretta contrapposizione. Non lo presentiamo come verità assoluta e indiscutibile, ma come ragionata e documentata opinione.

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Vorrei riprendere l’argomento immigrazione cercando di sintetizzare e aggiornare quanto da me scritto in precedenza in diversi articoli e commenti pubblicati su varie piattaforme on line oltre che sul blogger, per consentire un riassunto il più esauriente possibile sulla situazione in cui versa il nostro paese. Per non dilungarmi e rischiare di annoiare sarò come al solito telegrafico ma anche preciso nel fornire i dati tecnici.

Inizio col riprendere un dato tecnico che nessun politico ed economista e media mainstream fornisce al pubblico, perché se lo facesse renderebbe troppo evidente quanto la situazione sia grave e sperequativa e rischierebbe di provocare proteste popolari in strada.

La Corte dei Conti ha recentemente accertato che ogni singolo individuo che sbarca nel nostro paese costa come minimo allo stato oltre 200 euro al giorno, e non solo i tanto sbandierati e ripetuti 35 euro. Questo perché occorre sommare tutti i costi inerenti l’istruttoria della pratica per ognuno di loro, per valutare se ha diritto allo status di “rifugiato”, che di solito alla fine del processo di accertamento e valutazione viene attribuito a meno del 10% di coloro che lo pretenderebbero. Quindi significa che oltre il 90% degli immigrati sono venuti nel nostro paese per motivi ben diversi da quelli propagandistici riportati dai media mainstream e dai “sinistri” politicamente corretti: non fuggono affatto dalle guerre, non sono perseguitati politici, non erano in pericolo di vita nei loro luoghi di provenienza, spesso è esattamente il contrario, appartenevano alla classe media nei loro paesi d’origine, e questo spiegherebbe come abbiano potuto permettersi di pagare le onerose spese di viaggio imposte dalle organizzazioni criminali che li gestiscono, oppure si sono indebitati e i debiti peseranno su di loro e le loro famiglie per decenni inducendoli ad uno status simile alla schiavitù (spesso le loro famiglie versano in condizioni di ricatto e ostaggio).

Sono tutte condizioni talmente negative e penalizzanti per tutte le persone coinvolte, compreso lo stato che li accoglie, che sarebbe meglio per tutti che non partissero affatto, perché la loro scelta è estremamente deleteria e non può che provocare danni a tutti i soggetti coinvolti, tranne chi ne approfitta. E spesso a concorrere ad aggravare questi danni sono ONG e Fondazioni che apparentemente avrebbero scopi umanitari, ma che nella realtà contribuiscono ad arricchire e consolidare questo circolo vizioso perverso e malavitoso.

Inoltre per comprendere quanto possano essere affidabili i paesi africani di provenienza o di transito di moltissimi immigrati (ai quali il nostro paese fornisce finanziamenti), basti pensare che si è scoperto (accertato) che alcuni di questi paesi hanno deliberatamente svuotato le carceri dei loro detenuti per indurli a migliaia ad emigrare in Italia, ottenendo così un notevole risparmio sui costi di mantenimento detentivo, liberandosi da individui che costituivano un rischio e un peso per la loro comunità, scaricandoli su di noi.

I miliardi che costa ogni anno al nostro paese accogliere queste ondate d’immigrati, non sono solo i pochi miliardi (5 o 6) che vengono spesso citati mediaticamente e politicamente, ma molti di più per i motivi che ho sopra esposto, anche perché occorrerebbe aggiungere i costi provocati dalle attività criminali che una parte consistente di loro esercitano una volta stabilitisi sul suolo italico e i costi per l’applicazione della giustizia nei loro confronti, della loro detenzione o della loro espulsione dal paese. Senza contare che molti di loro forniscono false generalità e poi ritornano clandestinamente continuando a commettere crimini. Inoltre occorrerebbe aggiungere i costi per l’assistenza sanitaria, che tutti sfruttano piuttosto bene, essendo uno dei motivi per cui vengono nel nostro paese, sapendo che da noi l’assistenza sanitaria è prestata gratuitamente, e in proposito credo che chiunque sia stato negli ultimi anni in un qualsiasi pronto soccorso abbia potuto riscontrare che circa la metà di coloro che usufruiscono di questo servizio sono extracomunitari. Diventa alquanto difficile calcolare l’ammontare, anche solo approssimativo, di questi costi complessivi.

A questa prima considerazione di base occorre aggiungere le varie furberie messe in atto da coloro che sono già stati accolti ed accettati e quindi risiedono da anni nel nostro paese e sono talmente ben integrati che ormai hanno individuato i punti deboli del nostro sistema di welfare, sfruttandone opportunisticamente la vulnerabilità. Mi riferisco nello specifico alla recente scoperta di una diffusa truffa, ma chissà quante ancora ne dovremo scoprire, che consiste nel richiedere la ricongiunzione famigliare per far venire in Italia i parenti anziani facendogli prendere la residenza, dopo di ché richiedere la pensione sociale per poi tornarsene al loro paese d’origine. In tal modo prendono due piccioni con una fava. Infatti l’erogazione della pensione avviene su un conto corrente cointestato con un famigliare residente in Italia, il quale poi la fa pervenire al parente nel frattempo ritornato in patria, il quale con quella somma, che da noi è modesta ma da loro è elevata, vive molto più agiatamente di un docente universitario o di un ingegnere o alto funzionario di stato. Sarebbe come se noi italiani potessimo ricevere la pensione minima sociale della Svizzera (che è pari a cinque/sei volte la nostra) e poi tornassimo in Italia per spenderla. Il trucco è ormai praticato da decine di migliaia di furbetti extracomunitari ed è stato solo recentemente scoperto e si spera il governo intervenga al più presto ponendo il semplice vincolo della cittadinanza italiana o quantomeno della residenza da almeno 10 anni nel nostro paese, per impedire che queste furberie proseguano in maniera esponenziale. Sul recuperare i soldi truffati non ci conterei troppo, ma bisognerebbe almeno provarci pignorando gli stipendi di coloro che si sono resi complici di queste truffe, Sul fatto che gli immigrati sappiano benissimo sfruttare le debolezze del nostro paese avevamo già avuto modo di percepirlo a livello giudiziario: quanti criminali sono venuti da noi dai paesi balcanici per commettere crimini contando sull’impunibilità (denuncia a piede libero) o nella peggiore delle ipotesi potendo contare su un regime detentivo molto migliore rispetto a quello dei loro paesi di provenienza?

Occorrerebbe essere molto severi anche nei confronti delle ONG e FONDAZIONI e COOPERATIVE SOCIALI che si siano rese complici di questo perverso sistema di falsi interventi umanitari nel corso dell’intera filiera del business dell’immigrazione, dal “reclutamento” fino all’accoglienza. Se possibile sequestrando e confiscando i loro beni, tra cui le navi, che vorrei sapere come possono permettersi di mantenere in esercizio, considerando che costano svariate migliaia di euro ogni giorno. Lo sapevate, tanto per citare un esempio della complessità e dei paradossi della situazione, che numerosi immigrati vengono in Italia sfruttando i microcrediti che vengono loro erogati da organizzazioni umanitarie? Si pagano cioè il viaggio con i microcrediti ricevuti, che così finiscono nelle mani delle organizzazioni criminali che trafficano in esseri umani.

Sebbene il flusso d’immigrati sia notevolmente calato negli ultimi anni, a differenza di quanto facciano credere i media mainstream, il problema sussiste ancora, soprattutto per coloro che ormai sono presenti nel nostro paese. Si stima che non meno della metà degli immigrati presenti in Italia siano clandestini, cioè illegali, i quali per sopravvivere sono per forza costretti o a lavorare in nero, i più volenterosi, oppure devono delinquere in qualche modo, e spesso finiscono per fornire bassa manovalanza alle organizzazioni criminali stanziatesi nel nostro paese.

Quindi allo stato attuale dell’arte, non si tratta né di razzismo né di discriminazioni ma constatazioni oggettive e comprovate, cui occorrerebbe porre rimedio non solo arginando il fenomeno immigratorio in fase di transito in mare (perlopiù nello Stretto di Sicilia), ma intervenendo su tutta la “filiera” del business politico-economico, sia all’origine per impedire le partenze non giustificate (il “reclutamento” e la partenza dalle coste africane), e sia a monte per rendere più efficienti le procedure di accoglienza e selezione e/o espulsione, risparmiando tempo e denaro.

Nel fare queste considerazioni dobbiamo essere consapevoli che mediamente ogni immigrato legale che accogliamo (che sono appunto meno del 10% della massa che arriva) ora della fine, dopo la selezione e il rilascio del permesso di soggiorno, ci viene a costare per tutto il tempo della loro permanenza fino a che non troveranno lavoro (se lo troveranno), quanto mantenere “al minimo” oltre un centinaio di pensionati italiani. E sono stime per difetto, proprio per i motivi sopra esposti, essendo impossibile calcolare tutte le spese che concorrono alla gravità del fenomeno. Ma nessun politico, economista o media mainstream fa questi calcoli e meno che mai li renderà pubblici, perché la matematica in Italia è solo un’opinione e pertanto è continuamente abusata e manipolata, a piacimento secondo i propri scopi propagandistici. Continueranno pertanto a fornirci l’alibi pretestuoso che non ci sono le risorse per il reddito di cittadinanza o per aumentare le pensioni minime o per abbassare l’età pensionabile, continueranno a raccontarci che gli immigrati sono indispensabili per compensare a livello demografico la scarsa natalità del nostro paese e per pagarci le pensioni con i contributi da loro versati (ma se lavorano prevalentemente in nero, di quali contributi parlano?). Ma noi ormai dovremmo aver capito che l’immigrazione deve essere programmata, com’è sempre avvenuto in tutti i paesi civilmente evoluti, come quelli anglosassoni (Canada, Australia, Nuova Zelanda, ecc.) che hanno potuto prosperare proprio grazie alla capacità di pianificazione socioeconomica, evitando guerre tra poveri e mistificazioni controproducenti. La solidarietà ha poco a che fare con questo fenomeno, almeno per il momento, semmai dovremmo prepararci per quando la dovremo manifestare veramente in seguito ad immigrazioni ambientali, cioè dovute ai cambiamenti climatici e ai disastri “naturali”, che temo col tempo si accentueranno. Ma per farvi fronte non si dovrà più agire a livello nazionalistico, ci si dovrà organizzare a livello internazionale, all’unisono, altrimenti sarà uno sfacelo per tutti.

Claudio Martinotti Doria