A 50 anni dalla Primavera di Praga

(da sinistra.ch, frammento)

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È sempre bello leggere Davide Rossi (e ascoltarlo), io lo faccio con vero piacere. Tutti dicono “il comunismo è caduto” e alcuni aggiungono (non tutti) “per fortuna”. Ma… se leggete Davide avete la sensazione… che non sia caduto affatto!

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Ho avuto la fortuna, in un lunghissimo e umanamente ricchissimo pomeriggio del febbraio 1999 di discutere, insieme a molti fatti del Cile, dell’America Latina, dell’Unione Sovietica e del mondo, proprio degli avvenimenti di Praga nel ’68 con Luis Corvalan nella sua casa di Santiago del Cile. Era l’estate australe e il nostro fittissimo colloquio è continuato fino a dopo cena, mentre le stelle hanno preso a splendere sul giardino. Corvalan, sostenuto in questo da un altro dirigente del Partito Comunista Cileno, Pablo Neruda, riunita la direzione del Partito, nel suo ruolo di Segretario Generale, compito assolto da lui dal 1958 al 1990, prende chiaramente posizione, con motivazioni condivisibili, a favore dei sovietici e contro le riforme cecoslovacche. In quella serata Corvalan mi ha dettagliato le scelte del Partito e a fronte di qualche mio giovanile dubbio mi ha rimandato alle ben più infuocate parole di Fidel Castro contro i cecoslovacchi. Rileggere Fidel Castro sui fatti di Praga aiuta in effetti a capire la temperie del tempo e il livello di scontro tra imperialismo e campo socialista.

Studiare aiuta sempre, la successiva lettura dei libri di Ota Šik mi ha definitivamente convinto che non vi fosse alternativa alla soluzione brezneviana dell’esperienza cecoslovacca. I comunisti italiani, ma in Europa non solo loro, piegandosi cinquanta anni fa alle ragioni imposte dalla stampa legata ai poteri dell’Occidente, hanno compiuto, cercando di salvare una parte del consenso elettorale, come in parte avvenuto nel decennio successivo, una capitolazione culturale che vedrà esaurirsi l’egemonia gramsciana costruita su indicazione di Togliatti lungo il quarto di secolo che intercorre tra la fine del conflitto mondiale e gli avvenimenti di Praga, con piuttosto una crescente subalternità ai modelli consumistico – televisivi che alla fine travolgeranno definitivamente l’identità comunista. Quella scelta, compiuta allora dal PCI e da diversi partiti comunisti europei, aumenterà anche la distanza tra quei partiti e il movimento comunista di Africa, Asia e America Latina, una distanza che nel giro di un paio di decenni diventerà incolmabile.

DAVIDE ROSSI