C’è agitazione nella Casa Bianca dopo alcune anticipazioni dal libro “Fear” scritto dal premio Pulitzer Bob Woodward. Di fatto non ancora uscito, “Fear” ha già provocato numerose reazioni e un po’ di allarme nell’attuale amministrazione in quanto contiene una serie interminabile di aneddoti sul primo anno e mezzo della bizzarra presidenza di Donald Trump.

Bob Woodward è uno dei più rinomati giornalisti statunitensi, penna di punta del Washington Post, famoso soprattutto per aver indagato negli anni Settanta sul caso Watergate che portò alla richiesta di impeachment e alle dimissioni dell’allora presidente Richard Nixon.

Il libro del giornalista è frutto di centinaia di ore di interviste registrate con ex funzionari, consiglieri e altri membri dell’attuale amministrazione che hanno raccontato situazioni e storie al limite del paradossale a cui hanno personalmente assistito. Lo scenario dipinto risulta grottesco: lo staff del presidente è costantemente costretto ad adottare una serie di complessi sotterfugi per evitare disastri internazionali e crisi democratiche causate da decisioni assurde del presidente. Alcuni collaboratori rubano i documenti dalla scrivania del presidente per non fargli leggere o firmare qualcosa di particolarmente pericoloso. Relativamente a quest’ultimo fatto, “Fear” descrive l’episodio in cui l’ex capo consigliere economico di Trump Gary Cohn aveva sottratto dallo Studio ovale l’ordine di ritirare gli Stati Uniti da un accordo commerciale con la Corea del Sud, secondo Cohn una mossa simile avrebbe messo a rischio la sicurezza nazionale. Lo stesso accadde con l’ordine di ritirarsi dal NAFTA. In entrambi i casi il presidente non si sarebbe accorto di nulla.

Come per confermare la situazione descritta, il New York Times ha pubblicato negli scorsi giorni la lettera di un alto dirigente della presidenza (la cui identità non è stata ovviamente svelata) che sottolinea la veridicità delle cose descritte in “Fear”: “È vero, ci sono molti senior official della Casa Bianca che lavorano per frenare parte dell’agenda del presidente e le sue peggiori inclinazioni. Lo so perché io sono uno di loro. La nostra non è una resistenza di sinistra. Vogliamo che questa presidenza abbia successo e su alcune cose funziona: abbiamo fatto una riforma fiscale storica. Ma è arrivata nonostante il presidente, non grazie a lui. […] (Il presidente) non ha principi e quindi non solo le sue decisioni sono imprevedibili, ma spesso le capovolge nel giro di pochi giorni” recita la lettera.

La reazione di Trump non si è fatta attendere: “E’ un giornale disonesto e fallito che pubblica la storia di un fallito anonimo. Se non ci fossi io, quel giornale non esisterebbe più”.

Alcune delle storie più imbarazzanti riguardano lo scandalo Russiagate. Il legale di Trump, John Dowd avrebbe invano cercato di convincere il presidente di non esprimersi sulla questione, per timore che questo potesse cadere in contraddizione e commettere il reato di falsa testimonianza davanti ad una corte. Per convincere il tycoon a non testimoniare l’avvocato l’avrebbe sottoposto ad un finto interrogatorio ottenendo proprio i risultati che si aspettava. Il presidente si infuriò e infine disse che ritiene di poter essere un buon testimone. Dowd si è licenziato il giorno dopo ma, a quanto riporta il Washington Post, non prima di dire “Ho paura di non poterla aiutare più di così”.

Il presidente avrebbe dato sui nervi un po’ a tutti, dai militari che tratta con inaudito disprezzo al capo dello staff della Casa Bianca John Kelly, quest’ultimo avrebbe pronunciato le seguenti parole: “È un idiota. È inutile provare a convincerlo di qualsiasi cosa. È andato fuori dai binari. Siamo nella Città dei matti. Non so nemmeno perché siamo qui. È il peggiore lavoro che abbia mai avuto”. Kelly ha in seguito smentito di aver dato dell’idiota a Trump.

Altri episodi di surreale inesperienza e mancata professionalità da parte di Trump si susseguono sulle pagine del Washington Post in attesa dell’uscita del libro vero e proprio, e il presidente sta già cercando di difendersi. Così come Jonh Kelly, anche tutti gli altri funzionari coinvolti hanno smentito ogni riga pubblicata guadagnandosi il ringraziamento di Trump che a sua volta ha detto: “l libro non significa nulla. È fiction. Woodward ha avuto problemi simili con altri presidenti. Gli piace la pubblicità, per vendere un po’ di libri”.

Ma Woodward è un giornalista di altissima qualità e prestigio e mettere in dubbio il suo lavoro non è un compito facile. Le rivelazioni contenute in “Fear” potrebbero compromettere seriamente la già fragile credibilità del presidente e dargli il colpo di grazia al Midterm.