L’Italia riesce a sfuggire ancora una volta ad un downgrade del rating dopo la conferma da parte dell’agenzia Standard & Poor’s del proprio rating creditizio a BBB sui titoli di stato. Dunque per l’agenzia S&P, rimane due tacche sopra lo status di “spazzatura”.

Ha abbassato invece le previsioni sull’andamento economico del paese. Le prospettive di crescita italiane sono passate da “stabili” a “negative”. Decisivo probabilmente il ruolo delle politiche del governo che pesano sulle prospettive in quanto rischiano di aumentare ulteriormente il debito pubblico.

“Secondo noi, escludendo gli investimenti nel settore privato, il piano economico e di bilancio del governo rischia di indebolire la performance della crescita economica italiana”, ha affermato S&P. “Allo stesso tempo, il piano rappresenta un’inversione del percorso di risanamento fiscale precedentemente sostenuto ed in parte annulla la riforma del sistema pensionistico passato. Di conseguenza ci aspettiamo che il debito pubblico italiano riprenda a crescere incidendo negativamente sul rapporto con il Prodotto interno lordo”. L’indice di solidità finanziaria ed economica di un paese, infatti, si misura proprio con il rapporto tra il debito pubblico e PIL.

L’obiettivo del deficit di bilancio previsto dal governo italiano è quello del 2.4%, mentre S&P ha previsto un deficit di bilancio 2019 di 2.7%.

La decisione di S&P è arrivata una settimana dopo quella dell’agenzia rivale Moody’s che ha declassato l’Italia di un grado. I titoli di stato italiani si troverebbero dunque al penultimo gradino della classifica degli investimenti consigliati. La revisione da “stabile” a “negativo” dell’outlook significa che potrebbe esserci un futuro declassamento della valutazione dei titoli di stato.

Il governo italiano, euroscettico, vuole aumentare la spesa pubblica. Una mossa che porta il paese in rotta di collisione con Bruxelles a causa delle norme fiscali dell’Unione Europea che limitano i deficit di bilancio degli Stati membri. All’inizio di questa settimana la Commissione europea ha respinto bocciando il piano proposto da Roma con un rimprovero senza precedenti nella storia dell’UE. Ora al governo italiano è stato dato tempo tre settimane per presentare proposte alternative.

Proposte alternative che sicuramente non arriveranno mai sul tavolo di Bruxelles, a detta dei due vice ministri.

Il giudizio di altre due agenzie di rating, Fitch e DBRS, che sono prese in considerazione dai responsabili delle politiche della Banca centrale europea, è atteso per l’inizio del 2019.

Nell’ottobre del 2017, S&P aveva alzato il rating italiano portandolo da BBB- a BBB. È chiaro che la posizione dell’Italia negli indici obbligazionari è di vitale importanza essendo la terza più grande economia della zona euro, nonostante il suo grande debito sovrano. Un futuro declassamento metterà a rischio questa posizione, innescando enormi flussi di capitale con gli investitori costretti a riorganizzare i loro portafogli.

Il rischio di un ulteriore declassamento è che la BCE non sarebbe in grado di acquistare titoli che verrebbero classificati come “spazzatura” e che le obbligazioni detenute dalle banche italiane potrebbero non essere ammissibili come garanzia per ottenere finanziamenti ordinari dall’Eurosistema’ Lo spread, ovvero la differenza tra i rendimenti sul debito pubblico decennale italiano rispetto a quelli della Germania fiscalmente conservatrice, è più che raddoppiato.

Mario Draghi, direttore della BCE, apre uno spiraglio, dichiarando di essere sicuro che si possa raggiungere un accordo. Anche la Commissione europea insiste sul fatto che vuole evitare una guerra totale con i governi populisti che, diversamente, rischierebbero una pesante multa.

Ma in una intervista rilasciata ieri, il ministro Matteo Salvini ha detto: “Le agenzie di rating non sono consapevoli della crisi finanziaria globale? L’economia italiana è sana e il nuovo bilancio la renderà ancora più forte e creerà posti di lavoro”. E il ministro Luigi Di Maio lo ha accompagnato dichiarando: “Le agenzie di rating non misurano il benessere dei cittadini di un paese”.

Sono in molti a pensare che non cambieranno una virgola della legge finanziaria.

In un briefing con i giornalisti, un funzionario dell’UE che ha parlato in condizioni di anonimato, ha dichiarato che probabilmente l’Italia sarà il prossimo paese a chiedere il meccanismo europeo di stabilità che dal 2008 ha messo in crisi economica paesi come la Grecia, il Portogallo e la Spagna.