Sei senatori bipartisan americani vogliono spingere, con un disegno di legge, verso un’indagine trasparente e credibile sull’assassinio ancora irrisolto del giornalista saudita dissidente Jamal Khashoggi. Dopo l’annuncio da parte dell’amministrazione Trump di voler imporre sanzioni a 17 sauditi accusati di coinvolgimento nell’omicidio, il gruppo dei sei senatori ha affermato che la “mossa” è tutt’altro che sufficiente e ha chiesto quindi ulteriori azioni per affrontare la brutale uccisione del famoso giornalista del Washington Post.

Mentre le sanzioni imposte dall’amministrazione Trump riflettono fino ad oggi la risposta più radicale degli Stati Uniti all’omicidio del giornalista, il disegno di legge presentato ieri chiede che sia sanzionato entro 30 giorni chiunque sia coinvolto nella morte di Khashoggi, inclusi qualsiasi funzionario del governo dell’Arabia Saudita o membro della famiglia reale.

Dopo settimane in cui ha negato di essere a conoscenza del luogo in cui si trova il corpo del giornalista, Riyadh ha ammesso che l’uomo è stato ucciso nel consolato, offrendo testimonianze contrastanti su come sia morto. Un alto accusatore turco, dice che è stato strangolato non appena è entrato nel consolato saudita come parte di un omicidio premeditato.

Il procuratore generale dell’Arabia Saudita, ha incriminato 11 persone per il loro presunto ruolo nella morte di Khashoggi, e ha chiesto che cinque dei sospettati siano condannati alla pena capitale per decapitazione. Cambiando ancora una volta la storia su come il crimine sia stato commesso e cercando di distanziare il principe Mohammed bin Salman da ogni responsabilità come mandante de facto.

Annunciando un aggiornamento sulle indagini del regno saudita, il pubblico ministero ha descritto l’uccisione del giornalista al consolato di Istanbul come una decisione improvvisa preso all’ultimo minuto da una squadra che era stata mandata lì con l’ordine di riportarlo in Arabia Saudita. Ma la Turchia continua a sostenere che il caso è legato all’entourage del principe ereditario.

Mentre il rapporto del procuratore non nominava nessuno dei sospettati, il capo della squadra che aveva affrontato Khashoggi al consolato era Maher Abdulaziz Mutreb, un frequente accompagnatore del principe Mohammed, che spesso viaggia con lui all’estero come guardia del corpo. I sauditi hanno riconosciuto, ieri per la prima volta, che la squadra inviata a Istanbul non solo ha teso un’imboscata e ucciso il giornalista, ma ne ha anche smembrato il suo corpo, avvalorando così la tesa proposta da settimane dagli inquirenti turchi.

Parlando con i giornalisti della capitale saudita, un portavoce del pubblico ministero ha detto che l’ordine di uccidere Khashoggi è stato preso da un solo agente dell’intelligence sulla scena ad Istanbul, senza l’autorizzazione dei suoi superiori, e che è stato compiuto con una dose mortale di un tranquillante, non per strangolamento come aveva detto in precedenza il regno. La mutilazione del corpo è stata una decisione improvvisata che serviva a trasportare agevolmente il corpo fuori dal consolato. Quest’ultimo annuncio non colma i vuoti lasciati dalle altre dichairazioni, anzi, lascia sempre più spazio al convincimento che il principe Mohammed doveva aver autorizzato l’assassinio.

Queste lacune presentano un dilemma per l’amministrazione Trump, che pur abbracciando il principe ereditario come figura centrale nei suoi piani commerciali per la regione araba, deve fare i conti con il crescente sdegno per l’uccisione del giornalista Khashoggi.