Omobono e gli incendiari di Max Frisch

Se prendo la penna per esprimere la mia opinione sull’iniziativa sottoposta in votazione il 25 novembre è innanzitutto perché l’argomento – posto all’ordine del giorno dall’UDC – non è un tema che sta a cuore soltanto all’UDC ma lo deve essere anche a tutti i partiti amanti della libertà e della giustizia, visto che tocca un punto nevralgico del sistema politico e istutuzionale svizzero. Infatti, se l’iniziativa non dovesse passare, il Consiglio federale e il Tribunale federale si sentiranno sempre piú autorizzati ad applicare automaticamente le decisioni di istanze politiche e giuridiche internazionali, anche se queste decisioni contrastano con la nostra Costituzione e le nostre leggi. È quindi un principio ben chiaro e fondamentale che l’iniziativa intende difendere : la fonte del diritto svizzero è la nostra Costituzione ! Questo principio – che non è un principio ‘UDC’ ma un principio svizzero ! – valeva in modo indiscutibile fino a qualche anno fa; ma, per esempio, dal 2012 il Tribunale federale colloca il diritto internazionale ordinario al di sopra della nostra Costituzione e il Consiglio federale si ostina a non applicare un articolo costituzionale, accettato a grande maggioranza in votazione popolare, sulla limitazione della libera circolazione delle persone, perché inviso all’UE. Ora, se tale principio – preminenza della costituzione nazionale – vale ancor oggi per tutti i paesi del mondo, la Svizzera invece sarà la sola – a causa dell’arrendevolezza delle autorità federali – ad assoggettarsi a decisioni di istanze e tribunali esteri, senza che i cittadini siano consultati circa l’adesione al trattato, all’accordo, alla convenzione a cui ci troviamo tutt’a un tratto vincolati.

Si devia il discorso sui diritti umani

Gli oppositori all’iniziativa  – oppositori per principio, poiché la proposta viene dall’UDC, il nemico da combattere, come lo erano i protestanti per i cattolici ai tempi delle guerre di religione – avrebbero partita persa se accettassero il dibattito sul piano giuridico-costituzionale, che è il vero dibattito. Per schivare l’ostacolo hanno impostato la campagna chi sui «600 trattati economici internazionali, 97’000 società esportatrici e milioni di posti di lavoro in pericolo», chi sui «diritti umani», perché è un argomento che si presta molto bene per toccare i sentimenti della gente. Certo, anche la CEDU è ‘nel mirino’ dell’iniziativa, non però a causa dell’infimo numero di pareri contrari alle decisioni del Tribunale federale, che riguardano oltretutto ricorsi per nulla significativi in materia di diritti umani – tranne il caso Perinçek e qualche altro –, ma sempre per il principio della preminenza costituzionale svizzera. Visto che il dibattito pubblico è incentrato sui diritti dell’uomo restiamoci allora, cominciando con una riflessione di base : non è forse vero che il primissimo diritto del cittadino è quello di essere retto dalle leggi stabilite dai suoi rappresentanti in parlamento ? Se non lo può è perché vive in un regime di sottomissione, di dipendenza o di condizionamento. Dire quindi che la preminenza della Costituzione federale sul diritto internazionale apre le porte all’insensibilità e al sopruso verso chi è vittima d’ingiustizie ed espone i nostri cittadini a errori e limiti dei nostri giudici è una menzogna assurda. Senza risalire all’800, chi ha aperto la porta di casa ai rifugiati negli anni 1920, ’30 e ’40 ? la popolazione svizzera ! e chi ha chiuso le frontiere in quegli stessi anni, obbedendo ai diktat esteri ? le autorità federali ! Com’è dunque possibile far credere che gli ideali di Henry Dunant verranno traditi se si metterà un ‘sí’ nell’urna ? C’è chi spinge la disonestà intellettuale fino ad accusare il cittadino che vota ‘sí’ di voler inserire la Svizzera nel novero delle nazioni dispotiche come Turchia o Russia. C’è infine chi dice che la vittoria del ‘sí’ metterebbe la museruola ai nostri giudici; dire ‘no’ vuol dire opporsi a un fascismo strisciante… WOW ! Addirittura !

La Convenzione e la Corte europea dei diritti dell’uomo

Di fronte a queste insinuazioni, piuttosto che aggiungere polemica alle polemiche preferisco cercare lumi nei fatti, a cominciare dall’origine della Corte europea dei diritti dell’uomo, fatti che caratterizzano la sua pratica in un contesto politico molto particolare come quello europeo del Secondo dopoguerra. Sguardo ravvicinato assolutamente necessario data l’immagine odierna della Corte europea dei diritti dell’uomo estremamente ‘verniciata’. Un paio di raggi X ci mostreranno alcuni difetti e limiti, sufficienti per renderci conto che la sua ‘obiettività giuridica’ e i suoi fondamenti ‘umanitari’ non sono superiori a quelli dei nostri giudici, tutt’altro ; e che la nostra Costituzione e sistema politico-giuridico non sono cosí imperfetti e bisognosi di riforme, specialmente in materia di diritti umani, come una certa élite va predicando, con l’appoggio acritico dei media.

Nel maggio 1949 si riunivano a Londra i rappresentanti di dieci Stati (Belgio, Danimarca, Francia, Irlanda, Italia, Lussemburgo, Olanda, Norvegia, Svezia e Regno Unito) per istituire il Consiglio d’Europa. Promotore di questo progetto era Winston Churchill, che nel discorso di Zurigo del 19 settembre 1946 lo presentava come un mezzo per riconciliare i popoli europei, devastati dalle precedenti guerre mondiali. Il primo frutto del Consiglio d’Europa è stata la « Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo CEDU », firmata il 4 novembre 1950 ed entrata in vigore il 3 settembre 1953. La Corte europea dei diritti dell’uomo è stata invece inaugurata diversi anni dopo, il 20 aprile 1959.

« Diritti umani »

Queste due parole sono cosí semplici da sembrare nel loro significato chiare come l’acqua. Purtroppo non è cosí. Innanzitutto il binomio ‘diritti umani’ è diventato un concetto dai contorni estesi per non dire infiniti : vi sono contemplati i diritti riguardanti le libertà (di coscienza, parola, scrittura ecc), i diritti sociali (all’educazione, alloggio decente…) e i diritti collettivi (degli omosessuali, dei giovani…). Nessuno di questi diritti ha un valore giuridico perché non è espresso come un articolo di legge, atto a essere applicato. Questi diritti sono in fondo l’espressione di principi umanitari, di principi cristiani, di idee morali o persino di leggi naturali, principi e idee stabiliti da un gruppo di persone convinte di poter decidere cosa fosse bene e cosa fosse male per tutti i cittadini d’Europa ! Le interpretazioni della Corte seguono la stessa logica. Prendiamo per esempio il ‘diritto alla vita’ (art. 2 CEDU) : se la Corte applicasse con la massima coerenza la seconda frase dell’articolo 2 cpv.1 – « Nessuno può essere intenzionalmente privato della vita » – dovrebbe proibire l’aborto ! Se non lo fa è perché la Corte ha deciso di non spingere l’applicazione fino a questo punto. Quindi l’interpretazione dell’articolo 2 non sarà giuridica bensí politica, frutto di una presa di posizione ideologica per non dire opportunistica ; infatti milioni di donne europee si darebbero appuntamento a Strasburgo per una manifestazione gigantesca !

Una Dichiarazione piú politica che umanitaria

Se prendiamo la briga di leggere la Dichiarazione europea dei diritti dell’uomo ci renderemo rapidamente conto delle contraddizioni fra i diversi articoli. Prendiamo per esempio alcuni articoli del Titolo I Diritti e Libertà. Gli art. 10 e 11 prevedono la libertà d’espressione, riunione e associazione. L’art. 15 prevede la possibilità per uno Stato di adottare misure in deroga agli obblighi della CEDU, in particolare degli art. 10 e 11. L’art. 16 prevede la possibilità per gli Stati di limitare l’applicazione degli art. 10 e 11 agli stranieri. Ma questa limitazione può essere negata dall’art. 17 ‘Divieto dell’abuso di diritto’. Infine l’art. 18 dice che le restrizioni ai diritti e alle libertà « possono essere applicate solo allo scopo per cui sono state prescritte » (ci mancherebbe altro !). Per applicare questi articoli ci vuole molto di piú del senso giuridico ; ci vuole uno spiccato fiuto politico.

Ho cercato un caso grave nella storia europea recente per vedere come la CEDU si fosse posizionata, e ho scelto la Francia degli anni bui della guerra d’Algeria. Visto che la Corte CEDU è stata istituita nel gennaio 1959, cioè in piena guerra d’indipendenza algerina, balza all’occhio il fatto che la CEDU non abbia emesso alcuna sentenza contro la Francia, perché era risaputo che le autorità coloniali non lesinavano con la tortura, alla faccia dell’art. 3 della Convenzione CEDU ! Che dire poi della « mattanza di Parigi », come hanno titolato i giornali in riferimento alle centinaia di morti e alle migliaia di feriti, piú i molti buttati vivi nella Senna e quelli trovati impiccati nei boschi della città : opera della polizia francese contro gli algerini che manifestavano pacificamente il 17 ottobre 1961 (a pochi mesi dall’indipendenza). Dov’era la CEDU ?

Che le sue sentenze ‘pilatesche’ siano politiche, cioè fatte ‘su misura’ degli Stati interessati, lo dimostrano anche due fatti recenti : il primo risale al pauroso attentato islamista di Parigi del 13 novembre 2015. Dieci giorni dopo il Governo francese notificava alla Corte CEDU di avvalersi dell’art. 15 CEDU che prevede la « Deroga in caso di stato d’urgenza » della Convenzione. Per lottare efficacemente contro il terrorismo le autorità francesi di polizia dovevano infatti ‘applicare misure particolarmente invasive della sfera personale degli individui’. E da Strasburgo non c’è stata opposizione. Il secondo fatto risale a tre settimane fa e concerne l’Italia. Il 25 ottobre scorso infatti la Corte CEDU ha condannato l’Italia per aver applicato il regime carcerario duro del 41bis a Bernardo Provenzano (morto nel luglio 2016). Stando alle reazioni del governo italiano il vero obiettivo di Strasburgo è di obbligare l’Italia ad abolire il 41bis perché troppo duro, inumano. A questo punto la domanda viene spontanea di chiedersi perché la CEDU accetta che la Francia applichi ‘misure particolarmente invasive’ per far fronte al problema del terrorismo e rifiuta con la sua sentenza che l’Italia applichi le stesse misure, quando sa benissimo che un boss mafioso deve essere isolato dagli altri detenuti, sennò continuerà a dare ordini ? L’infiltrazione della mafia negli apparati dello Stato, nel mondo della politica, dell’economia e della finanza non costituiscono per caso una « minaccia per la vita della nazione » (art. 15 CEDU) tanto quanto se non di piú di una banda di terroristi ? Ci si potrebbe poi anche chiedere se questa sentenza, invece di essere a difesa di un criminale già morto, non sia volta a danneggiare un governo democraticamente eletto ma inviso ai giudici di Strasburgo. È bene che si sappia e che si dica che la giustizia politica è foriera di ingiustizie, gravide di conflitti e di guerre civili.

Morale della favola

In seguito al Trattato di Lisbona del dicembre 2007 l’UE ha aderito alla CEDU. Ciò mi suggerisce un paio di riflessioni. La Seconda guerra mondiale ha causato immensi danni, ma non solo fino al 1945 bensí anche dopo. Infatti, una volta sconfitti i regimi dittatoriali altre forme dispotiche hanno preso il loro posto, indubbiamente con buone intenzioni, « per riconciliare i popoli europei » come aveva detto Churchill, e per impedire altre guerre fratricide. Tralasciamo i paesi caduti sotto il comunismo di Mosca, anche perché adesso il comunismo non li governa piú. Consideriamo invece le forme autocratiche che ahimè esistono ancora. La prima è l’UE, sorta nel 1992 dalla trasformazione della CEE (che in fondo già la portava in grembo) ; la seconda è la Corte europea per i diritti dell’uomo, che ha sempre piú assunto la caratteristica di un tribunale inquisitoriale del XXI° secolo. Sí, perché se l’Inquisizione era gelosa del suo ruolo direttivo nel campo dei dogmi di fede, la CEDU ha gli attributi per celebrare la nuova religione dei ‘diritti umani’ e i poteri per condannare in nome di dogmi, che di giuridico hanno solo il nome. Che strana Europa, che partorisce ogni tanto, nel corso della sua storia, mostri liberticidi. E che strana Svizzera, che nel suo piccolo ha saputo portare a una forma esemplare il sistema democratico ; ed ora che l’Europa sta vivendo un rigurgito di autoritarismo parallelamente a un regresso democratico, invece di continuare a seguire la sua strada – quasi come un Pollicino che indichi la via della democrazia ai fratelli sperduti – la Svizzera si appresta ad allinearsi a scelte dalle imprevedibili conseguenze. L’attuale frangente politico del nostro paese mi fa pensare a un’opera teatrale di Max Frisch : «Omobono e gli incendiari». Omobono, perché appunto era un bravo tipo, ha accettato di dare ospitalità a gente losca, con le loro taniche di benzina. Eppure dai giornali era stato avvertito che da un po’ di tempo scoppiavano di notte, qua e là in città, incendi nelle soffitte delle case. Ma Omobono era convinto che da lui ciò non sarebbe successo perché trattava educatamente i suoi ospiti, accondiscendendo a tutte le loro richieste, persino quando gli hanno chiesto i fiammiferi….

Enrico Valsangiacomo, Marin-Epagnier