La volontaria italiana rapita in Kenya sarebbe ancora nella foresta, nei pressi del fiume Tanta. Lo riferisce ANSA che ha ricevuto l’informazione da fonti affidabili. La ragazza si trova nelle mani dei rapitori il cui scopo sembrerebbe essere quello di portarla in Somalia ma i sequestratori si trovano in una situazione difficile, circondati e impossibilitati a proseguire nella direzione desiderata.
Le stesse fonti avrebbero riferito che la ragazza è costretta ad indossare il niqab che la copre da capo ai piedi. Situazione “naturale”, in quanto “i rapitori si trovano in una zona a prevalenza musulmana caratterizzata dalla presenza di tribù di origini somale, tra cui gli ‘Orma’ a cui appartengono i sequestratori. Si tratta di comunità dedite alla pastorizia e all’agricoltura nelle quali il niqab è molto diffuso”. In più, i sequestratori le ricoprono di fango il viso e le mani per non renderla riconoscibile. Sempre allo stesso scopo le avrebbero anche tagliato le treccine.
L’emittente televisiva keniana NTV avrebbe riportato inoltre la testimonianza di alcuni abitanti della zona dove è stata rapita Silvia che hanno riferito di aver visto la ragazza assieme ai suoi sequestratori. Gli abitanti delle comunità di Garsen e Bombi stanno partecipando attivamente alle ricerche all’interno della foresta.
Le voci che vorrebbero che la liberazione sarebbe ormai imminente però non hanno ancora trovato conferma. La situazione tuttavia sembra essere sul punto di svolta: secondo alcuni osservatori il lieto fine è ormai una questione di tempo e le operazioni di salvataggio sarebbero ad uno stadio molto avanzato. I rapitori infatti sono circondati dalla polizia keniana e dall’intelligence italiana, stremati dalla permanenza nella foresta rovente e intricata. Gli improvvisi e brevi temporali che si abbattono sulla zona inoltre trasformano il terreno in un fiume di fango rendendo ancora più difficili le condizioni dei rapitori e quelle di Silvia.
Secondo la Repubblica gli uomini sarebbero addirittura arrivati al punto di ordinare il cibo con una applicazione per il telefono, molto utilizzata nello Stato. Secondo alcuni media, i sequestratori volevano servirsi dello stesso mezzo anche per farsi versare un riscatto da Silvia.