È iniziato ieri il processo presso la procura di Riyadh contro undici persone coinvolte nell’omicidio del giornalista saudita Jamal Khashoggi, avvenuto il 2 ottobre nella sede del consolato saudita ad Istanbul in Turchia. Un crimine che ha scatenato una critica internazionale senza precedenti contro l’Arabia Saudita, anche da parte dei suoi più stretti alleati occidentali. I pubblici ministeri hanno chiesto la condanna a morte per 5 degli imputati.

Secondo le autorità turche, pare che Khashoggi sia stato strangolato e fatto a pezzi da una squadra di quindici sauditi inviati a Istanbul per svolgere la missione. Alcuni rapporti della polizia turca, indicano che i resti del cadavere, che non sono ancora stati trovati, sarebbero stati sciolti con acidi. Il quartier generale del consolato turco, insieme alla casa del console e altri luoghi, sono stati perquisiti dalle autorità turche in seguito al crimine.

Ankara ha chiesto a Riyadh di estradare i sospettati sauditi per poterli processare in Turchia, ma questa richiesta è stata ripetutamente respinta dall’Arabia Saudita. Il procuratore generale ha chiesto per la seconda volta formalmente alla Turchia di fornire le prove sul caso.

Riyadh ha ripetutamente negato in qualsiasi modo il coinvolgimento nel crimine del principe ereditario Mohammed bin Salam. Ma la CIA sostiene di avere una solida prova che il principe saudita abbia ordinato l’omicidio, questo potrebbe essere estremamente dannoso per il leader saudita in quanto lo pone ufficialmente al centro di uno scandalo che scuote l’intera regione araba.

La CIA avrebbe intercettato una telefonata tra il principe e suo fratello Khalid bin Salman, ambasciatore saudita a Washington, dove ha catturato la discussione tra i due su come portare Khashoggi a Riyadh. Ed ha intercettato anche la telefonata dell’ambasciatore Khalid che assicurava il giornalista Khashoggi sul fatto di poter visitare in sicurezza il consolato di Istanbul.

È insolito per una agenzia d’intelligence come la CIA essere così sicura in una questione così molto delicata. Significa che hanno in mano davvero del materiale compromettente sul giovane principe saudita.

L’agenzia di stampa saudita, gestita dallo stato, ha dato poche notizie in merito al processo.

La dichiarazione che riassume l’udienza della corte non offre molti dettagli. Si limita a dire che è stata la prima udienza e che gli 11 imputati hanno partecipato accompagnati dai loro avvocati difensori, i quali hanno chiesto una copia dell’elenco delle accuse, una scadenza per la revisione, e non hanno annunciato il giorno della prossima udienza del processo. I nomi degli 11 imputati non sono mai stati annunciati.

La Turchia ha identificato 15 uomini ritenuti membri di una squadra di agenti governativi sauditi che sono arrivati e hanno lasciato l’aeroporto internazionale di Istanbul lo stesso giorno del crimine. Ma non è noto se qualcuno di questi uomini intercettati sia tra quelli attualmente sotto processo a Riyadh.

Nei tre mesi trascorsi dalla morte del giornalista, i funzionari turchi hanno ripetutamente accusato il governo saudita di ostacolare le indagini nascondendo dettagli chiave.

Quello che finora i sauditi hanno detto di questo omicidio è che un ufficiale ha ordinato l’uccisione del giornalista del Washington Post attraverso una iniezione letale all’interno del consolato, dopo averlo persuaso di far ritorno nel regno arabo.

Di sicuro, un uomo che non verrà mai processato è proprio il principe ereditario che “de facto” è il sovrano dell’Arabia Saudita. Un’operazione questa che richiederebbe necessariamente la sua stessa approvazione che ovviamente non sarà mai data.

Il procuratore generale insiste con il negare il coinvolgimento del giovane principe e ritiene che gli osservatori all’estero siano troppo influenzati dalla sua reputazione “riformista”. Per lui, la squadra inviata a Istanbul ha disobbedito agli ordini di riportare Khashoggi in Arabia Saudita, uccidendolo.