Molti leader democratici sono d’accordo nel dire che Kamala Harris sia una concorrente formidabile.

La senatrice democratica della California, prima donna di colore a diventare procuratore generale, ha lanciato ufficialmente lunedì la sua campagna politica per la nomina alla presidenza degli Stati Uniti d’America che avverrà il 3 novembre 2020.

Il conduttore della CNN, Chris Cuomo, nel partecipare ad un dibattito su Twitter dove si affermava che la senatrice non sarebbe costituzionalmente eleggibile per la Casa Bianca perché i suoi genitori sono degli immigrati, si è sentito in dovere di suggerire alla stessa Harris di dimostrare di essere nata negli Stati Uniti per evitare problemi lungo la strada della sua campagna. Come accadde al presidente Obama quando Trump lo ha messo pubblicamente in discussione. Ma Cuomo è stato assalito dal suo pubblico e si è dovuto scusare rimuovendo il tweet di suggerimento e scrivendo che la signora Harris non ha il dovere di rispondere ad alcuna accusa del genere.

La teoria suggerisce che la senatrice, con padre giamaicano e madre indiana, non può candidarsi come presidente perché ha trascorso parte della sua infanzia in Canada. Ma a prescindere dallo stato d’immigrazione dei suoi genitori al momento della sua nascita, visto che Harris è nata a Oakland, in California, e dunque negli Stati Uniti, l’articolo 2, sezione 1 della Costituzione, insieme al 14° emendamento, ad una decisione della Corte Suprema del 1898 e uno statuto del 1952, chiariscono che chiunque sia nato negli Stati Uniti è qualificato per candidarsi alla presidenza.

La maggioranza degli elettori in tutto il paese ha appena iniziato a conoscerla e durante le prime 24 ore della sua campagna politica ha raccolto oltre 1.5 milioni di dollari con una donazione media di 37 dollari per donatore da tutti gli stati. Molti più sostenitori di quelli che si erano schierati per il senatore del Vermont, Bernie Sanders, quando partecipò alla sfida delle primarie contro Hillay Clinton.

Numeri che rivelano una campagna alimentata dal popolo che desidera eleggere un senatore che sostenga una visione di un’America che funziona davvero per la gente.

Questa capacità di raccogliere somme ingenti attraverso donazioni relativamente piccole è un indicatore del livello di sostegno della candidata democratica che dovrebbe crescere nei prossimi mesi.

Anche se i democratici, considerano Harris una valida concorrente, sono allo stesso tempo preoccupati perché la senatrice ha poca esperienza al di fuori del governo statale della California. Ma sebbene sia stata senatrice per soli due anni, le vittorie di Barack Obama e Donald Trump hanno dimostrato che l’ambizione di avere successo come presidente, supera l’esperienza nazionale come qualifica per arrivare alla Casa Bianca.

Se dovesse assicurarsi la nomina democratica, Harris sarebbe la prima donna afroamericana e la prima persona del patrimonio asiatico ad essere una delle principali candidate alla presidenza americana.

Come laureata a Howard e membro di Alpha Kappa Alpha, la più vecchia sorellanza di donne di colore, Harris ha profondi legami con la comunità di colore.

In passato, si è visto che è favorito un candidato che può ottenere un forte sostegno dagli elettori di colore e dalla California. Non è un caso che Harris ha cominciato alla sua prima campagna in South Carolina, dove gli afro-americani probabilmente costituiscono la maggioranza dell’elettorato. La sua probabile crescente popolarità, influenzerà l’elettorato delle primarie nel suo paese nativo, poi in quelli dell’Iowa, in diversi stati come l’Illinois e l’Ohio dove possono votare prima del New Hampshire. E dopo questi stati, la senatrice si sposta su un terreno a lei favorevole come il Nevada, che confina con la California e ha una grande popolazione latina, poi la Carolina del Sud e via di seguito.

Cresciuta in un quartiere borghese a Berkeley, abitato soprattutto da gente di colore, ha frequentato una chiesa battista “nera” e un tempio indù, e i suoi genitori si univano spesso alle proteste per i diritti civili. Ha iniziato la sua carriera come vice procuratore distrettuale della contea di Alameda, prima di entrare a far parte dell’ufficio del procuratore della città di San Francisco. Nel 2004 è stata eletta procuratrice distrettuale della città e della contea di San Francisco, ottenendo la rielezione nel 2014.

Nel 2016 si candidata con successo al Senato degli Stati Uniti, dando particolare attenzione ai diritti civili, alla riforma della giustizia penale, all’ambiente, alla politica estera e all’istruzione superiore.

Riguardo il famoso “muro” che Trump vuole a tutti i costi, la senatrice Harris ha detto: “Sono stata un pubblico ministero e procuratore generale per molti anni, e mi sono specializzata in organizzazioni criminali transnazionali, e questo muro non le fermerà. La costruzione del muro lungo il confine tra Stati Uniti e Messico è un progetto di vanità”.

“Amo il mio paese e questo è un momento nel quale sento un senso di responsabilità nel combattere per quello che siamo”, ha dichiarato Harris alla ABC News durante Good Morning America.

Sebbene la senatrice faccia parte da lunga data dell’élite democratica, sembra sia davvero pronta a correre come populista progressista.

Le primarie saranno molto lunghe comunque, e tutto può succedere.