Mentre Filippo Lombardi e Rocco Cattaneo si fanno fotografare ai lati di Igor Righini (una foto artistica, molto ben riuscita) Fabio Regazzi ha trovato il tempo di concedere un’intervista a Ticinolive. Gliene siamo grati e ci affrettiamo a pubblicarla, anche perché il tempo incomincia a scarseggiare e la gente già vota alla più bella.

Ai nostri occhi la situazione nel PPD è chiara: da un lato c’è Lombardi, dal lato opposto Regazzi. Le altre personalità tacciono, mentre farebbero bene (opinione nostra) a profilarsi.

Un’intervista di Francesco De Maria (8.V.2019)

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Francesco De Maria  Di fronte alla Legge sulle armi. Presidente dell’AITI e presidente dei cacciatori, non è un po’ scomodo? Dottor Jekyll e mister Hyde?

Fabio Regazzi  In un caso del genere posso ammettere che potrebbe sussistere una specie di “conflitto di interessi”. Ma sono stato molto trasparente e ho spiegato ai miei colleghi di comitato dell’AITI la mia posizione personale e la mia intenzione di schierarmi apertamente in favore del No. L’AITI vota Sì e il presidente dell’AITI vota No. Non ci vedo niente di particolarmente strano.

Che cosa vi è di sostanzialmente errato nel testo proposto?

Il punto più preoccupante, a mio avviso, sta nel possibile inasprimento delle regole previsto ogni 5 anni come è espressamente previsto all’art. 17 della Direttiva UE sulle armi. Se diciamo sì la prima volta, non vedo come potremo opporci alla prossima occasione.

Questo non è un processo alle intenzioni?

Per niente. È una previsione sin troppo realistica. Soprattutto tenendo con conto dell’articolo 17 della direttiva che, de facto, prevede un aggiornamento (con maggiori restrizioni, come ha detto chiaramente Juncker) ogni 5 anni. Ci sarà anche, fatalmente, un forte aumento della burocrazia.

C’è… dell’altro?

Purtroppo sì. C’è un cambio, vorrei dire un’inversione, di paradigma. Il permesso d’acquisto attualmente in vigore (a ben determinate e severe condizioni) verrà sostituito dall’introduzione di “un’autorizzazione eccezionale con clausola di necessità”. Un mutamento radicale, che in futuro andrà inevitabilmente a colpire anche i cacciatori. Ma forse quella che è l’obiezione fondamentale non l’ho ancora mossa…

Quale?

La Direttiva dell’UE, che noi ci apprestiamo a riprendere, è assolutamente inutile al fine di combattere il terrorismo (l’obiettivo dichiarato). Ha mai visto un terrorista acquistare armi con una procedura legale? Si tratta dunque di un pretesto, uno specchietto per le allodole, per nascondere il vero scopo, e cioè disarmare i cittadini onesti.

Lei si diceva preoccupato per gli sviluppi della Direttiva, e a breve termine…

Indubbiamente. Potrebbe arrivare una limitazione del numero di armi concesse in possesso, o l’introduzione di test psicologici. Non si tratta di elucubrazioni, ma di possibilità ben reali, come lo dimostra ciò che sta succedendo in alcuni Stati europei a noi vicini.

I fautori del Sì avanzano un argomento principe, a loro avviso vincente. Ammoniscono: saremo esclusi da Schengen!

Non è così. Se passasse il No si instaurerebbe una trattativa, al fine di raggiungere un compromesso. L’Unione non ha interesse a cacciare la Svizzera da Schengen: paghiamo molti milioni (120) ogni anno, forniamo informazioni importanti. Non riceviamo soltanto, diamo anche parecchio. E non dimentichiamo che altri stati Schengen non applicano alla lettera la Direttiva dell’UE.

Lei è il presidente dei cacciatori. Come ne escono i “suoi”?

Per il momento sono, almeno in parte, graziati. Ma, come ho detto, le minacce sono dietro l’angolo. Le conseguenze della direttiva sono più penalizzanti per i tiratori sportivi. Il tiro è una grande passione tradizionale svizzera. Un pezzo della nostra storia che, con la collaudata Salamitaktik, ci apprestiamo a smantellare senza un valido motivo.

Veniamo alla politica e vediamo come si pone il suo partito.

La questione non è stata discussa in comitato cantonale; sarebbe forse stato opportuno farlo. Il partito ticinese, come quello svizzero, comunque è per il Sì.

Lei personalmente è stato attaccato dal Mattino della Domenica, con le solite accuse di essere un “oregiatt”. Come mai?

È una cosa che ho già spiegato ma, come si suol dire, repetita iuvant. Sul voto finale del Nazionale mi sono astenuto (mentre avrei logicamente votato contro). Perché? C’è una regola interna del Gruppo parlamentare PPD. Quando un tema viene valutato dalla direzione del Partito  di importanza strategica e questa proposta ottiene una maggioranza qualificata di 2/3 dei membri del gruppo parlamentare, questa posizione vincola il voto finale dei deputati. Da parte mia, nonostante questa regola, ho chiesto al partito di potermi per lo meno astenere, cosa mi è stata concessa, e così ho fatto.

È stato l’unico?

Penso di sì. O forse, ma al massimo, siamo stati in due.

E dunque?

E dunque niente. La posizione del mio partito è questa ma io faccio, seguendo le mie convinzioni, la mia campagna per il No.

Una parola per il PLR. Sulle armi i liberali – in comitato cantonale – si sono contati…

Vero, e hanno deciso per la libertà di voto.

Sorpreso?

Un po’ sì. Direi felicemente sorpreso. Si sono manifestati parecchi sostenitori del No.

Qualche personalità liberale si nota. Il Vicesindaco di Lugano Bertini, il deputato Schnellmann (che Ticinolive ha intervistato) e il “giovane leone” Käppeli. Forse la libertà di voto è stata decisa anche in funzione di un possibile (o probabile) No ticinese. Per non trovarsi spiazzati, sconfessati.

Questo è sicuramente plausibile.

Onorevole Regazzi, consigliere nazionale, cacciatore, industriale: possiamo sperare in un successo cantonale?

Beh, a dire il vero spero che il successo sia a livello nazionale. Se così non sarà, la speranza è che almeno in Ticino prevalga il No. Personalmente scendo sempre in campo per vincere e più le battaglie sono difficili e più mi piacciono. In ogni caso non sono un tipo che si accontenta di sconfitte onorevoli…

Esclusiva di Ticinolive