Noa Pothoven, la 17 enne olandese di cui abbiamo parlato ieri, sarebbe stata vittima, anche da morta, della disinformazione delle più importanti testate giornalistiche: dal Times all’Euronews, dall’America all’India.

Noa era stata stuprata a 11 e a 14 anni, e per lo stress post traumatico era caduta in depressione e non riusciva più a vivere. In Olanda, notizia che fa egualmente discutere, l’eutanasia, in rarissimi casi, è concessa, con il consenso dei genitori, a partire dai 12 anni; oppure, autonomamente, dai 17 anni, se i genitori sono coinvolti nella decisione firmataria.

Ma a Noa l’eutanasia non era stata concessa, poiché le era stato imputato d’attendere sino al 21 esimo anno di età. Così, conscia di non poter aspettare “per così tanto tempo”, Noa si è lasciata morire di disidratazione, pur assistita dai medici e aveva scritto di essere “in un letto d’ospedale, nel salotto di casa”. Stava salutando le persone più importanti della sua vita, quando la morte per disidratazione è sopraggiunta. Aveva scritto di non provare dolore. L’eutanasia, richiesta con anni di battaglie, non le era stata concessa. Resta da chiedersi sul perché tanto clamore sul dramma di una ragazzina e la decisione di farla finita. Perchè, in realtà, non è la frase”Noa è morta” a far discutere bensì la parola “eutanasia”. E il fatto che Noa non l’ha ottenuta, e la notizia falsa a riguardo, circolata per poi dare ancor più clamore alla sua smentita, potrebbe essere una “missione mediatica” per riconoscere “i valori” della dolce morte e il difficile ottenimento di essa, attraverso battaglie spesso difficilmente vinte.