“La tattica degli equivoci è giunta al capolinea”

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Articolo molto incisivo del “maître-à-penser” della Destra, in un momento pericoloso e buio in cui il ricatto dell’UE assume la sua piena evidenza. È tempo di prestare orecchio a chi dice: “Dobbiamo cedere, per il nostro bene”?

La risposta di Tettamanti è chiara.

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Bisogna riconoscere al Consiglio federale sul-l’arco degli anni una indubbia abilità nell’esercizio del triplo salto mortale carpiato o – se volete – nella versione politica del gioco delle tre carte.

Immagine Wiki commons (Giorgio Eusebio Petetti)

Da un lato per anni sono riusciti a tirar per le lunghe con Bruxelles facendo supporre che prima o dopo anche quei testoni di svizzeri si sarebbero decisi ad aderire all’UE. Nel contempo, sapendo come la pensava la maggioranza, ripetute assicurazioni alle cittadine e ai cittadini che ovviamente non avremmo mai fatto parte dell’UE. Ma nello stesso tempo – prima, bisogna riconoscerlo, abilmente trattando per i Bilaterali, ma poi con cedimenti sempre maggiori – la tattica dell’avvicinamento a Bruxelles che è continuata sino a giungere ad un progetto di accordo voluto dall’UE e non per nulla denominato «istituzionale». A ciò tende parte dell’élite politica ed economica del Paese.
La Commissione europea non ci sta più al gioco del temporeggiamento e ci offre ora solo due alternative: o aderire o venir integrati tipo vassalli.

Lo ha riconfermato con una lettera al limite della scortesia in risposta alla richiesta di chiarimenti dai toni poco dissimili dalla supplica del Consiglio federale in data 7 giugno. Lo stesso professor Michael Ambühl, che a suo tempo in qualità di segretario di Stato ha negoziato con la Commissione, ha criticato il testo del nostro Governo, ritenendo che ad una soluzione non si arriva con adattamenti cosmetici ma con vere ulteriori trattative.

La politica degli equivoci non ha più spazio. Possiamo capire l’irritazione di Bruxelles, meno la iattanza sgarbata di certi atteggiamenti. A cominciare dalla risposta della Commissione alla «supplica» del Consiglio federale con termini temporali offensivi perché fissati nell’ordine di pochi giorni; all’infelice cena a Bruxelles del 12 giugno con il nostro rappresentante ambasciatore Roberto Balzaretti, trattato a pesci in faccia dai commensali, i due rappresentanti dell’UE Christian Leffler e Richard Szostak. Complice il testo della lettera del Consiglio federale alla Commissione che, ignorando le forti resistenze nel Paese contro l’assunzione dinamica delle leggi UE e l’inaccettabile pasticcio contrabbandato per tribunale arbitrale, si è limitata per guadagnar tempo a concentrarsi sulle preoccupazioni di bottega dei sindacati (per lo 0,7% della mano d’opera attiva in Svizzera) e per i problemi scaturenti dalla direttiva del Parlamento europeo sulla cittadinanza dell’Unione (29.04.2004), come pure del previsto aggiornamento dell’Accordo di libero scambio (1972). Due temi quest’ultimi dalle gravi conseguenze per la Svizzera e che si può supporre i nostri rappresentanti non abbiano evidenziato durante le trattative e quindi lasciati irrisolti, dimenticanza molto grave, o volutamente ignorato per aver meno ostacoli con elettrici e elettori svizzeri (molto più grave).

Ma non basta, il commissario austriaco Johannes Hahn, forse pensando di essere ancora ai tempi dell’Impero austro-ungarico, invia una lunga lettera confidenziale (ma volutamente non troppo) al presidente Jean-Claude Juncker, nella quale accusa la Svizzera di doppio gioco, di mancanza di volontà politica e così via. Raccomanda di dare una lezione agli svizzeri sparando una cannonata di avvertimento, usanza delle potenze coloniali quando volevano sottomettere il porto di qualche piccolo Stato ribelle, non rinnovando l’equivalenza per la Borsa svizzera. Insisto sulla infelice espressione del commissario UE che rende però bene i sentimenti dell’egemone verso il vassallo, cioè noi svizzeri. Il non riconoscere l’equivalenza sarebbe l’espressione di una meschina ripicca, assolutamente ingiustificata dato il livello e la reputazione della Borsa svizzera. Ma ottusità e protervia burocratica rischiano di non permettere al signor Hahn ed alla Commissione di capire che il danno per la piazza finanziaria svizzera è limitato, grazie anche a un decreto del Consiglio federale che entrerebbe immediatamente in vigore, e forse alla lunga soffrirà di più qualche Borsa europea.

Protervia perché l’UE dimenticherebbe (volutamente) che così agendo violerebbe i disposti dell’OMC (Organizzazione mondiale del commercio) della quale siamo entrambi membri. Torneremo su questo interessante e dimenticato (perché?) aspetto. Comunque, se l’UE si abbassa ad un atto di ripicca così inconsistente è per denunciare platealmente la propria ostilità nei nostri confronti. Sarà bene che il Consiglio federale valuti tale atto di prepotenza non lasciandosi ulteriormente intimorire ma per capire che una politica di continui cedimenti porta a risultati disastrosi. Ad arrendersi c’è sempre tempo. Capiamo gli interessi dell’industria dell’esportazione che fa pesanti pressioni affinché il Governo ceda e firmi. Mi permetto però di rammentare che da tempo i risparmiatori svizzeri (privati, casse pensioni, assicurazioni ecc.) sacrificano annualmente miliardi di reddito conseguentemente ai tassi d’interesse tenuti artificialmente bassi dalla Banca nazionale svizzera per favorire l’esportazione con un franco debole. Infine, nella mia esperienza di anni passati, ho potuto constatare che il successo degli esportatori svizzeri è dovuto all’eccellenza dei loro prodotti, alla garanzia del marchio Svizzera, sicuramente non ai Bilaterali che un tempo non esistevano neppure.

La tattica degli equivoci è giunta al capolinea, sarebbe ora finalmente di formulare una strategia che abbia il supporto non solo di parte dell’élite ma di una larga maggioranza nel Paese.

Tito Tettamanti

Pubblicato nel CdT e riproposto con il consenso dell’Autore e della testata