L’edizione n. 72 è alle porte (7-17 agosto)

2018 Solari Berset Scherrer Chatrian

Gran pensata quella del Festival del film. Non ci fosse andrebbe inventato, perché chi dice Festival dice Locarno. Vai in mezzo mondo e se dici Locarno ti rispondono Festival, cinema e addirittura piazza Grande. Nessuno più ricorda, neanche da noi, il Patto di Locarno, ossia la conferenza del 1925 con la quale per la prima volta Locarno era sotto i riflettori internazionali, entrando a pieno titolo nella storia del nostro tempo. Dunque Locarno uguale a festival.

Ma quando e come ci è arrivato il Festival a Locarno? Ebbene, come succede nella vita, un po’ per amore e un po’ per caso. Per amore perché già dagli anni Trenta qui c’era una gran voglia di cinema, tanto che era sorta anche una casa di produzione, appunto la “Locarno films” creata nel 1939 dal luganese nato a Locarno Francis Borghi * (1916-2005). Per caso perché il Festival è nato, pensate un po’ (e non è una provocazione), a Lugano.

Corre l’anno 1946, a Lugano si sono tenute già due edizioni della Rassegna internazionale del film. Manca però una sede adatta, si decide per un anfiteatro nel parco Ciani. Ci sono ricorsi, si fa il suo bel referendum, una domenica di giugno i luganesi votano e bocciano il progetto, niente da fare. Il lunedì di buon’ora Olinto Tami, proprietario del cinema Rex, telefona da Lugano ad André Mondini, che gestisce tre cinema a Locarno. Perché il Festival non lo fate voi? Eh già, perché non lo facciamo noi a Locarno? Mondini inforca la bicicletta, corre da Raimondo Rezzonico alla tipografia Carminati, che diventerà Rezzonico arti grafiche. Gli racconta la novità, telefonano a Riccardo Bolla e a Camillo Beretta, direttore e presidente della Pro Locarno. Insieme coinvolgono uno che sa di cinema, ossia Giuseppe Padlina, locarnese che lavora a Lugano nella SEFI film, una Casa di distribuzione di cinema italiano, e poi il sindaco Rusca. Tutti d’accordo, si parte.

L’arch. Oreste Pisenti allestisce il teatro all’aperto nel parco del Grand Hotel e nemmeno due mesi dopo, il 22 agosto 1946, s’inaugura alla grande quello che da subito si chiama Festival internazionale del film e oggi più modestamente Locarno Festival. Quest’anno (7-17 agosto) siamo all’edizione n. 72, e a Lugano ancora si mangiano le mani.
Lunga vita al Festival di Locarno!

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* Francis Borghi: una vita tra cinema, radio e televisione
Nato il 5 dicembre 1916 a Locarno, dopo gli studi in lettere ed economia Francis Borghi fonda a Lugano il “Teatro della poesia” e opera come giornalista, scrittore e sceneggiatore tra Parigi, Milano e Lugano. Nel 1934 è tra i fondatori dell’Associazione dei cinematografi della Svizzera Italiana. Ammiratore del cinema di Marcel L’Herbier, Jean Choux e Abel Gance, nel 1939 fonda la Locarno Films e gira il lungometraggio Eve, di cui è produttore, regista, sceneggiatore e interprete principale. “Eve” è il primo film indipendente e tutto ticinese. L’unico indipendente prima di allora era stato “L’alcova tragica”, diretto nell’estate del 1916 dallo stravagante conte Edouard Micheroux De Dillon (un francese che viveva in Italia e frequentava la Svizzera) e distribuito dal luganese Alfredo Ernesti, commerciante di articoli elettrotecnici, che aveva rilevato gli atelier e lo stock “ticinese” della milanese Talia Film e fondato la Lugano Films, tentando di commercializzare quattro film prodotti da una Casa svizzerotedesca, senza successo.

Nell’immediato dopoguerra Francis Borghi, da considerare a tutti gli effetti il padre della cinematografia in Ticino, si dedica alla produzione di commedie per la radio; nella sua vasta produzione vanno citati i radiodrammi Invitation au rêve (1947), Doctor Alexis (’50), Due anni, due secoli e Pitagora (’51), I monti della vecchia (’52), L’era della fotosintesi (’56), la trilogia I piani paralleli (’81), il poema drammatico L’alter ego (’82). Negli anni ’50 è chiamato a dirigere un’agenzia pubblicitaria nazionale a Ginevra.

Ritornato in Ticino, nei primi anni ‘70 assume la direzione di Gazzetta Ticinese. Alla fine degli anni Ottanta realizza per la TSI, con la regia di Vittorio Barino, la serie televisiva in dialetto La röda la gira raccogliendo un amplissimo consenso popolare e della critica più attenta. Muore a Cureglia il 21 ottobre 2005.

Dalmazio Ambrosioni