Platone nella Repubblica prescrive che a governare siano i filosofi, alias gli uomini colti. Da Augusto a Marco Aurelio ad Adriano, gli imperatori migliori erano anche colti, sapendo greco, latino, filosofia, astronomia.

Lo stesso valga per Federico II, Lorenzo Il Magnifico, nella storia contemporanea Aldo Moro, accademico e giurista e prima di lui Benedetto Croce, o Gentile. Ministri, laureati.

I condottieri che invece erano uomini d’arme e non di lettere, ebbero l’umiltà di affidarsi a letterati in grado di accompagnare la riforma culturale alla riforma politica, come dimostra l’esempio di Carlo Magno, che sapeva solo firmare il proprio nome, che commissionò ad Alcuino la più grande riforma culturale del medioevo.

Il sillogismo non venga inteso come una giustificazione dell’eventuale operato di eventuali plurilaureati, come accadde per l’italia messa in ginocchio dalle leggi del prof. Monti e della prof. Fornero, poiché le eccezioni vi sono, ma non debbono fare la regola.

Ad oggi fa discutere (anzi, diciamolo proprio, scatena gli insulti, anche inopportuni, da parte dell’opposizione) il titolo (assente) della ministra dell’Agricoltura, Teresa Bellanova, professione sindacalista, titolo di studio, licenza media.

E lo stesso valga per la Ministra Fedeli all’istruzione, senza laurea, così come il di lei successore, laureato sì, ma in ginnastica, per non parlare di alcuni onorevoli di destra che si battono “per la stabilizzazione dei precari nel mondo della scuola” e personalmente vantano “la licenza elementare, poiché è la scuola che forma di più tra tutte.” Si, ve ne sono.

E lo stesso valga anche per Di Maio, ministro degli esteri senza laurea, per Salvini, ex ministro degli interni, senza laurea, per tutti gli onorevoli che siedono sugli spalti, senza un titolo di studio accademico.

Dicono che si debba giudicare dall’esperienza, lavorativa. Benissimo, allora facciano gli imprenditori delle loro proprie proprietà. Non guidino l’Italia, poiché in Italia, di laureati bravi e meritevoli, ve ne sono, e non è opportuno che essi vengano guidati da persone che non hanno condiviso i loro sacrifici, il loro cursus honorum, il loro valore.

Poiché non vale il sillogismo che tutti i laureati siano  degni di governare, ma, almeno, chi governa dovrebbe essere laureato, per giustizia.

Il resto sono le grida non di chi non ha potuto studiare per impossibilità economica, ma di chi non ha potuto studiare per ben altre limitazioni. E che, nonostante tutto, pretende di governare.

Chantal Fantuzzi