Multa record per la multinazionale Johnson&Johnson. Una corte di Philadelphia ha infatti condannato il gigante a pagare ben 8 miliardi di dollari a un uomo che ha sviluppato una malattia chiamata ginecomastia in seguito all’assunzione prolungata di un farmaco antipsicotico prodotto da J&J. La ginecomastia è un disturbo che provoca un anomalo sviluppo delle dimensioni delle mammelle nei soggetti di sesso maschile e pertanto può provocare serie ripercussioni psicologiche nonché problemi nella sfera sociale e sessuale.

La colpa della casa farmaceutica sarebbe stata quella di “non aver avvertito i consumatori che le conseguenze dell’uso del farmaco antipsicotico Risperdal legate alla crescita anormale del tessuto mammario femminile nei ragazzi”, ha dichiarato la giuria pronunciandosi così a favore di Nicholas Murray, il primo di una lunga fila di querelanti con lo stesso problema. Tutti loro sostengono che J&J non li ha adeguatamente avvertiti del rischio di ginecomastia.

Il Risperdal si trova in commercio dal 1993 ovvero dall’anno in cui la Federal Drug Agency e la US Food and Drug Administration lo hanno approvato per trattare schizofrenia e bipolarismo negli adulti. Da allora le vendite hanno fruttato 737 milioni di dollari fino al 2018. Nel caso di Nicholas Murray, ora 26enne, il farmaco gli era stato prescritto nel 2013 quando gli era stato diagnosticato un disordine dello spettro autistico. Dopo aver assunto per anni il medicamento l’uomo ha sviluppato il seno.

La risposta del colosso farmaceutico al verdetto non si è fatta attendere. I legali di J&J stanno già contrattaccando e sottolineano come i diritti della difesa siano stati violati e importanti dettagli non sono stati ammessi nell’aula del tribunale. Per J&J la condanna è “gravemente sproporzionata” rispetto ai danni subiti e pertanto ricorrerà in appello. Inoltre, la casa farmaceutica ha voluto sottolineare come Risperdal sia un farmaco “sicuro ed efficace, che ha aiutato milioni di persone a vivere una vita migliore per oltre due decenni”.

I legali di Murray tuttavia si dicono molto soddisfatti del verdetto: “Questa giuria, così come altre giurie in altre controversie, ha nuovamente imposto danni punitivi a una società che ha pensato solo a fare profitti sulla pelle dei pazienti”.