Una giornata storica per l’UDC ticinese (titolo originale)

“Marco Chiesa, determinato ma non estremista”

Ho aderito all’UDC nel lontano 1998, quando la presidenza cantonale fu affidata al Dr. Alessandro von Wyttenbach, e da allora ho vissuto tutti gli alti e bassi che il partito ha dovuto vivere nel contesto della politica ticinese, in particolare nell’ambito della difficile convivenza con la Lega. A quei tempi, erano presenti nell’UDC dei pezzi da novanta come Innocente Pinoja, il Dr. Gianfranco Soldati, l’avv. Giancarlo Staffieri, e altri ancora mentre, sul fronte della Lega l’interlocutore era uno solo: Giuliano Bignasca. Molti obiettivi erano comuni – in particolare i rapporti con l’UE – ma una cosa fu subito evidente: l’UDC ticinese, fino ad allora ancora il vecchio partito agrario che si accontentava del suo unico seggio in Gran Consiglio, aveva effettuato la “svolta blocheriana” troppo tardi, quando la Lega era già da otto anni sul mercato e aveva sostenuto con successo sei anni prima la votazione sullo Spazio economico europeo (SEE) mentre l’UDC cantonale era rimasta al palo. Da qui il forzato ruolo di gregario dell’UDC, nonostante che l’arrivo di Gianfranco Soldati, confluito nel partito con il suo Polo della libertà, ne avesse aumentato il peso specifico e triplicato la presenza in Gran Consiglio. L’ascesa continuò poi, lentamente, con alti e bassi elettorali, assestando il consenso nei confronti dell’UDC a un 6/7% a livello cantonale, con un aumento a livello federale attorno all’11% che ci portò poi, nel 2011, all’elezione di Pierre Rusconi al Consiglio nazionale, sostituito nel 2015 da Marco Chiesa. Da quest’anno, tuttavia, le cose sono parecchio cambiate. La Lega ha subito una prima non indifferente flessione in aprile, quando l’apporto dell’UDC nella lista unica per il Consiglio di Stato è stato determinante per la rielezione di Claudio Zali. Questa flessione si è poi confermata il 20 ottobre, con la perdita (purtroppo) del seggio al Nazionale di Roberta Pantani e con il magro risultato di Battista Ghiggia per gli Stati. L’accordo Lega/UDC prevedeva che quello dei due – Chiesa o Ghiggia – che avesse ottenuto il miglior risultato al primo turno, sarebbe poi stato sostenuto al ballottaggio dall’altro partito. E, nonostante gli appelli subliminali lanciati dagli avversari – vedrete, via Ghiggia i leghisti non voteranno Chiesa – la Lega ha invece rispettato appieno l’accordo, e Marco Chiesa è ora consigliere agli Stati. L’auspicio è quello di essere finalmente arrivati a un rapporto alla pari fra i due partiti, foriero di una futura sempre più stretta e proficua collaborazione.

Chi ringraziare?

Beh, innanzitutto, ovviamente l’elettorato UDC e Lega, ma anche quello trasversale agli altri partiti. E anche coloro che in passato si sono dati da fare con grande idealismo per l’UDC cantonale: un partito che l’anno prossimo festeggerà il centenario, e lo potrà fare con ben due deputati a Berna. Un enorme ringraziamento va a tutti coloro che hanno contribuito attivamente o con sostegni finanziari alla campagna. Un particolare grazie va ai vertici della Lega che hanno sempre fatto appello alla base affinché andasse a votare anche per il ballottaggio, nonostante un eventuale scemato interesse in assenza di un proprio candidato. Ma poi, anche al PLR e al PPD che, con la loro congiunzione opportunistica e dell’ultimo momento, si sono scattivati una non indifferente fetta del loro elettorato, che in Marco Chiesa ha invece visto un candidato, determinato ma non estremista, disposto a portare avanti i temi sostenuti dal popolo ticinese. Temi che il cosiddetto “centro” aveva sistematicamente trascurato o addirittura combattuto. Non ultimo, dato il risultato nettamente migliore di quello di Merlini al primo turno, penso di dover ringraziare la parte dell’elettorato PPD che ha preferito Chiesa anche in funzione di sbarramento a Marina Carobbio (l’elezione di Lombardi era data praticamente per scontata). In definitiva, i vertici dei due partiti storici qualche ripassatina al marketing dovrebbero darsela, specialmente al capitolo costi/benefici: hanno salvato un seggio al Nazionale, per perderne due agli Stati.

Le aspettative

Le aspettative sono alte, a volte addirittura utopiche. Ho letto in un post su Facebook: “E adesso, subito 30’000 frontalieri in meno!”. Frena Ugo! Un deputato su 46 può fare il possibile, magari un po’ d’impossibile, ma miracoli… no. Marco Chiesa farà sentire la voce e la dissidenza dei Ticinesi sui temi che maggiormente affliggono il nostro cantone, sicuramente con più determinazione e incisività di chi lo ha preceduto, e questo è già un passo avanti. Con la sua nota capacità di dialogare, potrà ottenere delle maggioranze su rivendicazioni particolari che il Ticino può avanzare nel contesto federale. Ma no, miracoli verosimilmente non ne potrà fare. Ma sicuramente si batterà affinché possano avvenire. E, visto l’atteggiamento arrendevole dei suoi predecessori, non è poco.

Eros N. Mellini