Lo spettatore classicista rimarrà soddisfatto e deluso al contempo. E’ un film brutale, quello diretto da Konchalovsky, che mostra un Michelangelo così lontano dall’iconografia dell’artista più grande del rinascimento, quasi da fare scalpore.

Il montaggio e le scene sono di un realismo strabiliante: lo spettatore avrà l’impressione di essere nelle stesse scene in cui opera il genio, da una Firenze che albeggia, nella quale la bellezza contrasta coi corpi dei giustiziati, a Roma, le cui riprese della Cappella Sistina (reali) sono tuttavia fuggenti e poche, sino a Carrara, dove la macchina da presa indulge, nella faticosa lavorazione del marmo. Qui, a Rocca Malaspina, Michelangelo, ospite del conte e della contessa, dialoga con lo spirito di Dante: è impressionante la sequenza in cui attraverso una porta segreta del castello, raggiunge la sommità delle cave di marmo: un contrasto tra l’imbrunire e l’accecante aurora, nella crescente introspezione dell’artista.

La resa del genio italico, però, è impietosa, irriverente e ingiusta: Michelangelo è dipinto come un nevrotico, incapace di controllarsi e di portare a termine le sue opere (incongruenza, quest’ultima, poiché, superfluo dirlo, le opere dell’artista compiute sono molte), che talvolta vive nel proprio sterco (una vera mancanza di rispetto nei confronti d’un così grande artista), violento ed iracondo. Passi dunque per l’irascibilità, ma non sulla ripetizione.

Grave la mancanza della profonda cultura di Michelangelo: mancano scene che lo ritraggano durante l’esecuzione di sculture o dipinti, manca la sua (riconosciuta alta) vena poetica, così come assenti sono Vittoria Colonna (l’intellettuale che con l’artista intraprese un lungo e nobile carteggio) e un accenno concreto, che forse ci si poteva aspettare, al Protestantesimo e alla Controriforma che su Michelangelo influirono fortemente.

Eccessiva, inoltre, l’angosciante insistenza sulle opere non compiute dal genio: la facciata di San Lorenzo a Firenze e la tomba di Papa Giulio II. Peccato non vedere un Michelangelo 24enne intento a scolpire la Pietà Vaticana o 80enne a scolpire la Pietà Rondanini.

Vivide e di squisito impatto coinvolgente, invece, le scene relative a storia e politica: Lorenzo duca di Urbino che spodesta il Della Rovere, nipote di Giulio II, per esempio.

Insolita la citazione (volgarissima) dell’Aretino, durante l’indulgere sul “monstrum” di Carrara: un blocco enorme di marmo che Michelangelo insiste per volere intero, le cui tragiche vicissitudini di trasporto si perdono nella trama, densa di altre scene pur vividamente ricche ma secondarie.

La scelta realista si scontra tuttavia con l’improvvisa piega onirica, che coinvolge lo spirito di Dante. Non un omaggio, quindi, idoneo a Michelangelo. Un ottimo realismo, ma un ritratto impietoso offerto da Konchalovsky al Maestro del rinascimento.