Benjamin Netanyahu e il suo rivale politico Benny Gantz, non sono stati in grado di assicurarsi la maggioranza politica e non sono riusciti a trovare un accordo di condivisione per creare una coalizione di maggioranza nel parlamento.
I problemi legali di Netanyahu hanno costituito un grosso ostacolo ai negoziati. Gantz si è rifiutato di essere in servizio sotto un primo ministro accusato penalmente. Nessuno dei due ha accettato le offerte dell’ultimo minuto per scendere a compromessi ed evitare l’ennesimo voto che potrebbe produrre un risultato simile agli ultimi due.
A settembre, l’alleanza centrista di Blue and White di Gantz aveva ottenuto 33 seggi su 120, mentre il partito di destra Likud di Netanyahu aveva ottenuto 32 seggi. Il presidente Reuven Rivlin, aveva invitato le due parti a formare un governo di unità nazionale come opzione per porre fine alla crisi interna, ma a causa della situazione di stallo politico, i membri della Knesset hanno approvato mercoledì notte una mozione che scioglie il parlamento fissando la data del 2 marzo per le nuove consultazioni elettorali.
Gantz, nelle ultime votazioni aveva condotto una campagna elettorale con la promessa di rovesciare Netanyahu rendendogli difficile accettare un accordo di condivisione del potere senza perdere credibilità. Netanyahu, che vuole includere in qualsiasi alleanza di governo i suoi alleati nazionalisti e religiosi ortodossi (condizione respinta da Gantz) chiede di rimanere in carica come primo ministro. Mantenendo questo ruolo, con le cause giudiziarie che sono in corso, non è obbligato secondo la legge israeliana a dimettersi dalla carica pubblica e potrebbe usare la sua posizione per sperare con le nuove elezioni di migliorare le sue possibilità di ottenere in parlamento la concessione dell’immunità. Del resto Netanyahu ha sempre negato tutte le accuse che lo coinvolgono in scandali di corruzione.
Le nuove elezioni potrebbero dividere ulteriormente il paese visto l’aspra campagna elettorale nelle precedenti votazioni. Elezioni che costano milioni di dollari e che vengono finanziate con soldi pubblici per la propaganda elettorale e la gestione dello scrutinio. Inoltre sarà anche un giorno di festa nazionale.
Dahlia Scheindlin, esperta di opinione pubblica e consulente politico nelle ultime cinque campagne elettorali, ha affermato che esiste una profonda frustrazione per l’enorme spreco di denaro, “Le persone sono disperate. C’è la sensazione che il singolo cittadino non abbia voce in capitolo in questa debacle”.
L’ultimo sondaggio condotto dall’Israel Democracy Institute ha mostrato che il 43% delle persone accusa Netanyahu di non aver formato un governo, mentre solo l’8% ha dato la colpa a Gantz. Un terzo degli israeliani ritiene che il primo ministro debba dimettersi e farsi processare. Israele non ha ancora un budget per l’anno 2020, i vari ministeri si trovano ad affrontare difficili sfide di sicurezza in assenza di un leader eletto.
Netanyahu, che ha guidato un governo di transizione per quasi un anno, dovrà affrontare anche una sfida interna al suo partito il prossimo 26 dicembre. L’ex ministro dell’Interno, Gideon Saar, intende candidarsi come leader del partito Likud. “C’è un bisogno nazionale di una svolta che metterà fine alla crisi politica in atto e che consentirà la formazione di un governo forte e di unità popolare”, ha affermato Saar mettendo in evidenza l’incapacità del primo ministro di formare una coalizione. Ma David Bitan, avvocato e membro forte del partito, ha raccolto un numero di firme necessarie per convocare il Comitato centrale e chiedere l’annullamento delle primarie per la leadership del partito che ha avuto soltanto quattro capi dalla fondazione dello Stato di Israele.
Dopo l’annuncio di scioglimento del parlamento, Netanyahu ha fatto sapere, in risposta all’Alta Corte che chiede la sua rimozione di fronte alle accuse di corruzione portate avanti dal procuratore generale Avichai Mandelblit, di lasciare tutti i suoi incarichi ministeriali tranne quello da primo ministro. Netanyahu detiene attualmente il portafoglio del ministero dell’agricoltura, sanità, affari sociali e dell’informazione e diaspora.