Il Presidente appare esile, d’altezza modesta, di temperamento mite. Saluta appena, poi si dirige verso il Teatro, senza mai voltarsi indietro, verso quella folla, quasi modica, che lo accoglie festante con bandierine tricolori, ma dalla quale si leva anche qualche grido di protesta. Implacato odio “alla casta” d’un popolo che non sa d’esser se stesso. 

Ogni anno l’Italia designa una Capitale Italiana della Cultura, che possa ampliare e mostrare al meglio il proprio sviluppo culturale. Dopo Mantova, vincitrice dell’anno 2019, è l’anno di Parma, Capitale della Cultura per il 2020. Una cifra bell’e tonda, che dà alla città l’opportunità di mostrare le proprie grazie.

Oggi, 12 gennaio 2020, dopo l’inaugurazione del giorno precedente, avvenuta con corteo, sfilata, bande e majorette, è arrivato il Presidente della Repubblica Italiana, Sergio Mattarella.

Giunto al Teatro Regio (Via Garibaldi blindatissima), in auto blu presidenziale, ha trovato ad accoglierlo una folla festante con bandierine tricolori, anche se non è mancata qualche voce di protesta che si è alzata dal coro.

Il Presidente ha poi inaugurato l’anno della Cultura di Parma, con un discorso dal Palco del Teatro Regio. Nel medesimo teatro, poi, dal Palco Ducale, ha assistito alla prima della Turandot. L’Opera ha inaugurato la stagione culturale di Parma.

Il Presidente ha detto che “La cultura definisce il segno distintivo di ogni comunità ed è tutt’altro che una condizione statica, immobile, inerte. Perché si nutre di confronto, si sviluppa nel dialogo e nelle relazioni” e ha poi aggiunto che la cultura appare “più ricca quando si apre alla conoscenza e al rispetto delle differenze”, citando poi Stendhal, l’autore del celebre romanzo “la Certosa di Parma” (storico sì, ma totalmente inventato, se pur ispirato a personaggi più rinascimentali che del bel ducato ottocentesco di Maria Luisa). dicendo che le gioie degli italiani “sono più vive e durano più lungamente”.