“No al socialismo da epidemia” (NZZ)

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Riceviamo e volentieri pubblichiamo. Il testo non impegna il portale.

Un paio di osservazioni ce le permettiamo:  1) gli aiuti decretati dal Consiglio federale sono enormi e rapidi, ed è fatuo e sleale minimizzarli per pura ideologia; dovranno per forza essere ripagati dai cittadini, e sarà dura;  2) pensare che si possa andare avanti a lungo con un sistema dove non si produce più nulla e lo Stato paga tutti i salari è vivere nel mondo delle fate, ed è per così dire infantile.

Scriviamo queste poche righe non “chiusi nella nostra villa sulla Goldküste” (sì, era il nostro sogno ma non ce l’abbiamo fatta) bensì dal nostro confortevole appartamento di Besso.

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Passato il primo momento di smarrimento, la destra economica sta rialzando la cresta alla grande malgrado le incertezze sull’evoluzione della pandemia. Una settimana fa il plurimiliardario Blocher attaccava “coloro che esagerano con la salute”. Sabato la NZZ, da sempre portavoce del grande capitale, strillava in prima pagina “No al socialismo da epidemia”; nell’editoriale, intriso della consueta arroganza padronale, si predicava la necessità di limitare il più possibile gli aiuti statali. I domenicali intanto hanno dato ampio spazio ai Consiglieri federali Maurer e Parmelin (UDC), con gli attacchi del primo contro gli aiuti agli indipendenti e gli appelli del secondo di riaprire al più presto bar e ristoranti. E intanto sono apparse enormi inserzioni a sostegno della raccolta firme lanciata dall’UDC per mettere fine al lock-down immediatamente!

Tutte manovre, queste, sostenute dalla presidente liberale Gössi e da una cerchia molto influente di senatori PPD. In Ticino, i rappresentanti di questi partiti fanno il discorso contrario (eccezion fatta per il solito Regazzi) ma poi, una volta passato il Gottardo, seguono le direttive di chi comanda.

A questi signori, chiusi nelle loro ville sulla Goldküste, della salute della popolazione non potrebbe fregare di meno. Il loro comportamento ricorda quello dei loro predecessori: cent’anni fa, durante l’influenza spagnola, i grandi capi dell’economia fecero morire migliaia di lavoratori opponendosi a qualsiasi chiusura delle fabbriche, e i loro servetti in Consiglio federale e a capo dell’esercito furono responsabili della morte di almeno 1500 soldati mobilitati nonostante la pandemia contro gli operai che organizzavano lo sciopero generale del novembre del 1918.

E poi c’è chi dice che il capitalismo contemporaneo è più umano di quello del secolo scorso.

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