di Vittorio Volpi

Nei giorni in Corea de Nord il mio programma si stava sviluppando secondo le previsioni. I mie due custodi erano sempre gentili e puntuali. Avevo chiesto di vedere delle fabbriche e mi accontentarono. Visitai una fabbrica di parti meccaniche. Venendo dal Giappone dove tutto era moderno, stato dell’arte, niente da segnalare.

Fabbrica vecchia, macchinari anni ’40 -’50, ma grande ordine, dedizione di tecnici e operai. Volevo anche vedere un progetto particolare, una diga sul mare lunga chilometri. Commenti dei custodi quasi standard, un disco “grazie alla Juche questa opera monumentale è stata realizzata sotto la guida del nostro caro leader Kim Il Sung che ha visitato i lavori in costruzione 8 volte dando sempre “verbal guidance” (istruzioni verbali)”. Ogni cosa che vedevo era stata decisa da Kim, guidata da Kim, completata dal monarca rosso. Poi visite ai musei, sempre con Kim in vista. La splendida metropolitana museo, i monumenti ed anche qualche cena con alti dirigenti della banca. Il livello del cibo lontano da quello che conoscevo al Sud e ovviamente niente “Kisaeng”, cene con geishe alla coreana. Tutto semplice, frugale e poi alle 20.00 rientro in camera. Non c’era altro da fare. I programmi dei televisori, in bianco e nero, erano inguardabili, film epici della lotta contro gli invasori. Niente CNN, niente giornali occidentali, in reclusione fino alle 08.00 del mattino seguente. Ma tempo per riflettere e prendere appunti.

Pan Mun Jom – Wiki commons (Henrik Ishihara Globaljuggler) https://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0/deed.de

C’era una cosa che volevo vedere ed aggiungere alla lista dei miei record personali, come ad esempio scalare il Monte Rosa, completare delle maratone, vedere il Machu Pichu, la Grande Muraglia, ed era entrare nella casamatta dell’Armistizio a Pan Mun Jom dalla parte del Nord Corea. L’avevo vista dal Sud con il mio caro amico generale Sun Yup Paik, primo generale a 5 stelle della Corea del Sud, uno dei firmatari dell’Armistizio (Capo di Stato Maggiore) con i generali americani Ridgway e Maxwell Taylor. I loro cappelli sono nel sacrario di Pan Mun Jom. Mi concessero la visita. Di buon’ora verso il confine quindi. Campagne ben tenute, molto esercito perché si va verso la DMZ, la zona demilitarizzata che dal 1953 separa i due paesi. Poi finalmente Pan Mun Jom. Mi accompagnano in un palazzo che è vicino alla casamatta dell’Armistizio. Un’ora di indottrinamento sul come e il perché della guerra.

Secondo la versione datami , chi la provocò fu Singman Lee grazie agli alleati a capo del Sud. Pare parlasse bene l’inglese perché educato in America.., ma, sicuramente la storia ci dice che fosse un figlio di buona donna, quindi non una pecorella.

In seguito mi accompagnarono nella casamatta. Una gioia per me, c’ero entrato da capitalista del Sud e ora da comunista del Nord. La mia presenza doveva aver attirato l’attenzione delle guardie americane. La mia visita non era preannunciata ed ero un personaggio dell’occidente. Indossavo un loden verde, un soldato di colore americano era impazzito a fotografarmi a ripetizione dall’altra parte della barricata. . La cosa mi faceva sorridere anche perché ero felice di aver raggiunto il mio scopo.

Nel pomeriggio visita alla collina degli eroi dove io scattai tante fotografie dei busti dei generali dell’esercito nord coreano che avevano combattuto il Sud e gli alleati. Le avrei mostrate al loro nemico e mio grande amico, il Generale Paik.

Ironia della sorte, era nato a Pyongyang. Oggi che ha 100 anni sa che probabilmente non c’è più nessuno da riabbracciare…e la riunificazione è al di là da venire…E con armi nucleari al Nord.

Il giorno dopo lasciai il paese (uscii a riveder le stelle). Sulla via del ritorno riflettevo a quanto sfortunati sono i coreani, lavoratori e brava gente. La storia non li ha premiati. Sottomessi nella storia ai cinesi, colonia giapponese poi e quando il “Chosun Hanada” una Corea indipendente era “in fieri” la mazzata della guerra civile e la separazione che dura da 67 anni.

I miei due accompagnatori erano diventati amici. Mi stringevano le mani nelle loro, regalini di ginseng. Avevano sentito la fratellanza e la mia comprensione e mi scese qualche lacrimuccia.

Di ritorno ho scritto poi tre articoli per il Corriere della Sera sul paese, ma di politica. Non ho descritto i miei sentimenti e sensazioni che ho qui sinteticamente riassunti: Chosun Hanada – una Corea unificata – quindi, per ora è ancora un sogno…

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