Boris Johnson ha esplicitamente preso le difese del suo consigliere, Dominic Cummings che come già Ferguson prima di lui, aveva violato il lock down imposto dalle misure precauzionali per il Coronavirus, ma che, a differenza di Ferguson, era positivo al Covid19.

Cummings, stando alla denuncia che ora pesa su di lui, avrebbe lasciato Londra con la moglie, anche lei sintomatica, per andare a Durham, sua città natia, 400 km di distanza, per affidare il proprio bambino di 4 anni a nonni e a zii.

Il giorno dopo, da Durham, sarebbe partito per Barnard Castel. Tutt’altro che “una gita” fuori porta, bensì una “prova”, stando all’autodifesa di Cummings, per verificare se poteva guidare per un lungo viaggio, avendo anche accusato problemi alla vista, nei giorni precedenti.

Lasciato il bambino agli zii, da Barnard Castel, Cummings e consorte sarebbero tornati alla magione londinese. Ora, i viaggi che Cummings definisce “di necessità” vengono dai media e dai laburisti intesi come violazioni di lockdown, in spregio alle misure che, invece, gli altri cittadini britannici erano stati costretti a seguire. C’è chi invoca le dimissioni di Cummings e chi, invece, chiede a Boris Johnson di licenziarlo mentre, tra i deputati conservatori, c’è chi twitta “voltiamo pagina”, sorvolando e sminuendo il caso suddetto.

Il giornale dell’establishment, però, il Financial Times, scrive che se Boris Johnson non licenzierà Cummings, allora pagherà a caro prezzo la decisione di sorvolare.

Ad oggi, a Londra, c’è chi dice che il lockdown sia orai dimenticato, poiché la vita, sempre rispettando il distanziamento sociale (in virtù del quale, addirittura, sono stati allargati i marciapiedi), riparte. Non pochi sono, tuttavia, coloro che guardano indietro, a quelli che, durante ”la guerra” non hanno “ubbidito” alla nazione. Tra questi, anche alcuni vescovi della Chiesa Anglicana, che giudica poco credibile la difesa di Cummings, la quale si presenta come “un’offesa” ai sacrifici che, gli altri, invece, hanno fatto.

Dominic Cummings è soprannominato il “Rasputin di Downing Street” e c’è chi azzarda che sia il burattinaio di Boris Johnson, cruciale anche nell’azione pro-Brexit.

48 anni, nativo proprio di Durham, nel Nord Est dell’Isola, ha studiato nel prestigioso Exeter College e ha alle spalle un portentoso curriculum: dal 2010 al 2014 è stato Consigliere del Segretario di Stato per l’Educazione, e dal 2019 è salito al rango di Chief Adviser to the Prime Minister, ovvero consigliere di Boris Johnson. È indicato essere “il cervello” della Brexit anche nello studio di McGee, pubblicato nell’agosto del ’19 da Luke, intitolato Meet the real brains behind Boris Johnson’s Brexit plan.