Riceviamo e volentieri pubblichiamo l’interessante lettera che segue.

Sul tema scuola non siamo privi di cognizione di causa, poiché abbiamo insegnato per molti anni a Lugano 1. Potremmo dunque cedere alla tentazione di dire la nostra. Ci limiteremo tuttavia a un’unica osservazione: questa sembra una battaglia interna alla sinistra. Ci spieghiamo:

— dal 2011 la nostra scuola è diretta da un consigliere di Stato socialista;

— il Movimento della scuola si compone di insegnanti fortemente connotati a sinistra (per lo meno noi lo ricordiamo così);

— la Regione è il quotidiano radico-socialista cantonticinese.

Niente di male, per l’amor del Cielo. Ma a nostro avviso queste scaramucce a sinistra vanno studiate e comprese nei loro meccanismi. In estrema sintesi: il LiBe critica e viene colpito (tramite la disponibile Regione) dagli strali del DECS. Questo sembra essere il senso della lettera.

Ai tempi il PLR con fierezza dichiarava: la scuola ticinese la governiamo noi (ma era vero solo in parte).

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Tutti gli insegnanti liceali hanno avuto un atteggiamento virtuoso durante la lunga fase di didattica a distanza? No, certamente no! Si può per questo dare voce e legittimità pubblica allo sfogo anonimo contro un’intera categoria professionale? Lo si può fare per colpire in particolare un liceo, quello di Bellinzona, che proprio in queste settimane ha espresso in forme documentate alcune considerazioni critiche sull’operato del DECS?

Il caso vuole che in data 6 luglio i due quotidiani del Cantone si siano occupati entrambi, contemporaneamente, e nelle rispettive pagine del bellinzonese, del liceo cittadino durante l’emergenza Covid-19. E curiosamente essi illustrano due realtà ben distinte. L’uno lo fa riferendo ampiamente di un’indagine che ha coinvolto 65 professori sulla novantina che compongono il corpo docente (indagine promossa dall’Associazione dei docenti delle scuole medie superiori ticinesi): illustra alcune risultanti dell’inchiesta, commenta cifre, esprime considerazioni, intervista uno dei promotori. L’altro invece lo fa riportando giudizi proditoriamente anonimi, sulla base di “informazioni raccolte”, non si sa bene come, dal giornale stesso, proponendo un articolo con foto che occupa tre quarti della pagina, e una titolazione cubitale subdola: “Liceo, dure critiche ai docenti ‘assenti’”.

Ecco dunque che si confezionano due opposte immagini della professionalità (e anche dell’onorabilità) dei docenti del liceo di Bellinzona. È un liceo che si è distinto per delle prese di posizione critiche ma anche per lavori d’indagine (uno proposto dagli studenti e uno dagli insegnanti stessi) che hanno fatto emergere interessanti spunti di riflessione circa l’insegnamento a distanza.

Sta di fatto che il lettore ha davanti a sé due immagini involontariamente contrapposte e un bellissimo esempio di come – nel secondo caso – la deontologia professionale del giornalista possa essere scavalcata quando si vuole confezionare una notizia a effetto che tocca la scuola e il lavoro degli insegnanti. Infatti, come dichiara anche il capo della Divisione Scuola, Emanuele Berger, al momento non esistono dati generalizzabili su cui sia possibile imbastire conclusioni certe.

Eppure la redazione del secondo giornale se ne infischia. Si direbbe che l’importante sia gettare discredito sul lavoro degli insegnanti, anche a costo di riutilizzare i peggiori luoghi comuni sul salario immeritatamente percepito (secondo una anonima madre “…abbiamo visto una categoria di dipendenti dello Stato ricevere la paga al 100% prendendosi però la libertà di non proporre un insegnamento adeguato”).

Ciò che colpisce è l’approssimazione con cui si rende conto dei fatti e la sicumera con cui si legittimano giudizi perentori generalizzati a tutto un istituto. Un esempio tra i numerosi possibili: nell’articolo si arriva a sostenere che al liceo di Bellinzona “solo un docente su quattro o cinque si è attivato” e che “un buon numero di docenti” non ha offerto “un adeguato accompagnamento didattico”. Grazie a quale lavoro d’indagine si giunge a queste considerazioni? Lo si fa sulla base di alcune voci di genitori arrabbiati (non è dato sapere quante e scelte con quale criterio!). Non era allora il caso di fare anche qualche riferimento all’inchiesta indipendente del comitato degli studenti del liceo dedicata a questi stessi temi (coinvolti ben 442 studenti), da cui emerge che la maggioranza degli studenti considera adeguate le indicazioni fornite dai docenti durante la scuola a distanza? Perlomeno per dare della realtà un’immagine meno manichea…

No, la scelta fatta è stata un’altra: si è deciso di lasciare libero sfogo al malumore di singoli genitori – che presi individualmente avranno le loro ragioni, in riferimento a puntuali episodi e a singoli insegnanti, non possiamo saperlo – per mettere arbitrariamente in cattiva luce l’intero corpo docenti di un istituto. Un brutto esempio di giornalismo, purtroppo, davanti al quale sorge spontaneo un quesito: cui prodest?

Fabio Camponovo e Alessandro Frigeri (Movimento della Scuola)