Anche dalle catastrofi sorgono dicotomie: è il caso delle Autostrade Italia, in condizioni catastrofiche, il cui argomento è tuttavia genesi di dicotomici accordi a riguardo: primi fra tutti, Benetton e governo.

Il crollo del ponte Morandi nell’estate del 2018 mieté 43 vittime

La società Autostrade per l’Italia (ASPI) è attualmente controllata da una holding che ha come socia di riferimento la famiglia Benetton; gestisce 3 mila chilometri di autostrade in tutt’Italia, e, ora, potrebbe cambiare il proprio socio con Cassa Depositi e Prestiti, società controllata dal ministero delle Finanze, la quale potrebbe ridimensionare (sia in borsa che in termini gestionali) la famiglia Benetton. Lo Stato rimarrà comunque socio di riferimento dell’ASPI, che sarà quotata in borsa. Lo Stato tornerebbe proprietario di una parte dell’immenso reticolo autostradale, privatizzato da vent’anni.

Dopo il crollo del Ponte Morandi a Genova nel 2018, infatti, si ritenne necessario un nuovo accordo tra il governo e l’ASPI: con il Movimento 5 stelle che premeva per revocare la concessione all’ASPI, si era alfine giunti ad un accordo che prevedeva, però, in caso di recesso da parte dello Stato che questi versasse 23 miliardi di euro di penale. L’accordo non era piaciuto allo Stato, che aveva tentato di promuoverne un altro con una penale più bassa, sette miliardi. Quest’ultima proposta non era però piaciuta ad ASPI: si rischiava il contenzioso. Il Partito Democratico si era opposto alla sbandierata volontà pentastellata di revocare il controllo all’ASPI, mentre il premier Conte, vicinissimo ai Cinquestelle, aveva tentato di tessere i fili di ravvicinamento tra i due partiti.

Ad oggi si può dire che sia prevalso il Partito Democratico, poiché il contenzioso è stato evitato, così come è stata evitata la revoca della gestione autostradale all’ASPI: per alcuni – del popolo, e non del governo – però, la questione si è risolta – senza risolversi – in modo molto più scabroso: ovvero nessun colpevole per il Ponte Morandi.

Il Movimento Cinquestelle, però, non ne esce sconfitto, o, almeno, non lo dà a vedere: Toninelli esulta sui social per aver “scacciato” (sic) i Benetton dalla gestione autostradale; Luigi di Maio si dice soddisfatto come il collega (anche se con toni più tiepidi), Matteo Salvini, leader della Lega all’opposizione, sostiene, invece, che a vincere in questa triste faccenda siano stati proprio i Benetton.

Quando ASPI sarà valutata in borsa – le stime dicono attorno ai 12 miliardi – gli azionisti della nuova società Autostrade, compresi i Benetton e la loro holding Sintonia, venderanno alcune azioni, gustandosi la vendita: proprio i Benetton, infatti, potranno guadagnare sino a 6 miliardi di euro.

L’ASPI ha 9 miliardi di debiti circa, che in parte (5) sono garantiti da Atlantia, in parte passeranno ai nuovi azionisti tra cui Cassa Depositi e Prestiti.