Siamo abituati ai giudizi della storia. Le valutazioni di merito ed importanza degli accadimenti e delle lotte che hanno marcato gli ultimi 25 secoli delle vicende dell’umanità. Senza dimenticare che i racconti tramandatici vanno presi con cautela anche perché da Tucidide via, che però nella battaglia di Anfipoli militò tra i perdenti, la storia è stata scritta dai vincitori. Spesso si propendeva nell’agiografia del potente di turno. Grosso merito della scuola degli Annales, con storici come Bloch, Braudel e Le Goff che hanno spostato l’obiettivo e le indagini dalle azioni delle classi dominanti alle vicende anche minute della società e dell’economia.
Da qualche tempo ha preso piede la tendenza che vuol giudicare la storia moralisticamente: siamo noi a valutare la storia. Grave, ma non unico errore di questa tendenza, è il voler giudicare atteggiamenti e concezioni di secoli se non millenni fa con gli occhiali della contemporaneità ed in base alle sensibilità di oggi.
A noi ripugna il concetto di schiavitù però vi era un tempo in cui nelle battaglie tra popoli quello vinto veniva sradicato e reso schiavo. Soluzione sicuramente preferibile a quella di venir impalato vivo, o crocifisso o squartato. A proposito di ferocia è bene ricordare che ancora lo scorso secolo gli ebrei venivano sterminati in campi nazisti appositi, borghesi e dissidenti mandati a morire nei Gulag comunisti, Mao si inventava la rivoluzione culturale e i Khmer Rossi di Pol Pot sterminavano un quarto della popolazione del Paese.
Il secondo preoccupante aspetto in questo approccio alla storia è il riaffiorare delle ideologie (che già tanti danni hanno procurato lo scorso secolo) che pretendono su singoli temi (questa l’evoluzione dei nostri giorni) di rappresentare l’incontestabile, assoluta verità. Ciò porta a vedere tutto in modo binario e trascura quanto non conforme con la rappresentazione ideologica. Si usa scorrettamente la storia per enfatizzare o deprecare con indignazione quanto fa comodo alle proprie tesi. Sul tema molto evocato della schiavitù, ecco che si glorificano i confederati del Nord America che hanno piegato i sudisti schiavisti con una santa guerra.
Nello zelo si dimentica che forse la guerra di secessione tra nordisti e sudisti era motivata da ragioni meno ideali. Le industrie appena nate negli Stati del Nord chiedevano la protezione dalle importazioni estere, ciò che contrastava con l’atteggiamento e gli interessi degli Stati esportatori del Sud. Non del tutto infondata la tesi che il Nord voleva liberare gli schiavi del Sud per disporre di operai (in condizioni di vita talvolta non molto migliori) nelle proprie fabbriche.
Il corso inarrestabile della storia, che ha portato i contemporanei a condizioni di vita inimmaginabili qualche secolo fa, a progressi tecnologici stupefacenti, è costellato di sofferenze, miserie, ingiustizie, sopraffazioni. Forse è il prezzo che i nostri antenati hanno dovuto pagare per noi. L’illusione dell’ideologia salvifica che cambia il mondo e pone rimedio ai torti passati rendendo tutti felici ed uguali, come si è visto anche in tempi recenti, porta a disastri peggiori. E storpiare gli avvenimenti trascorsi non è di giovamento. Cerchiamo di affrontare e giudicare la storia con un minimo di umiltà, evitando i trabocchetti delle visioni ideologiche all’origine del fanatismo.
Quanto poi allo spettacolo dell’imbrattamento e abbattimento di statue rappresentanti testimoni e attori del passato spesso è lo sfogo di un’ignoranza bovina. Ogni statua, anche se pochi sono coloro che oggi ci fanno attenzione, è una testimonianza. Napoleone ha cambiato l’Europa, anche in veste di legislatore, Colombo ha scoperto le Americhe navigando con un coraggio ed una tenacia incrollabili, Colbert ha messo le basi amministrative della Francia, Churchill ci ha salvato dal nazismo. Tutti grandi uomini con enormi difetti e colpe, da giudicare nel loro contesto temporale e che hanno tracciato e determinato il futuro. La follia sanguinaria di Lenin ha fatto fucilare centinaia di migliaia di borghesi, per annientarne la classe, ma è un nome che non può venir taciuto parlando dello sviluppo – pur tormentato – di una Russia moderna.
Noi siamo il risultato e gli eredi di questa lunghissima tragedia degna di Eschilo con passioni irrefrenabili, lotte violente e feroci, le soperchierie e viltà della prepotenza, le debolezze del male, che tutte contribuiscono a comporre il maestoso scenario finale. Abbiamo questa storia nel nostro DNA, non la possiamo parzialmente rifiutare e dobbiamo essere complessivamente grati per quanto ricevuto. Monumenti e vestigia non sono luoghi di culto, sono testimonianze di un passato che è il nostro, che non possiamo rifiutare per aspetti che non ci piacciono. Ci invitano a riflettere anche criticamente. Abbattendoli ci impoveriremmo perché al posto di questi pezzi di storia ci resterebbero vuoti di memoria.
Tito Tettamanti
Pubblicato nel CdT e riproposto con il consenso dell’Autore e della testata
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Possiamo giudicare un processo dell’Inquisizione con i criteri giuridici e morali odierni? Alcuni vorrebbero farlo. Tettamanti ci avverte: è una follia.
L’Avvocato non manca mai di lodare le “condizioni (attuali) di vita inimmaginabili qualche secolo fa”, e ha ragione, e fa bene a mostrare un pizzico di ottimismo. Ma io vedo un Occidente smarrito, che non crede più a nulla e sembra incapace di difendersi. Vecchio, sterile, soprattutto autolesionista. Il suo deficit è demografico e morale, un “mondo nuovo” si avvicina a grandi passi.
Non credo che mi piacerà e spero di non vederlo affatto. Sarò quasi certamente esaudito (a meno che la transizione non si avveri fulminea).