Pochi giorni fa ha avuto luogo un vertice Cina-UE per discutere alcuni punti nodali che dovrebbero condurre al “trattato bilaterale sul commercio”.

Si prevede la firma entro la fine di quest’anno.

Per Pechino, che assegna al progetto la massima importanza, la guida dei negoziati è stata condotta di persona dal Premier Xi Jinping . lI Summit della durata di 4 giorni e previsto essere di persona, avrebbe dovuto aver luogo a Lipsia data la presidenza di turno tedesca, ma per forza maggiore causa Covid il tutto è avvenuto in modo virtuale.

Foto Wiki commons (www.kremlin.ru)

La dietrologia sostiene che il virtuale era desiderato da entrambe le parti perché dal concepimento del Summit ad oggi le cose sono profondamente cambiate.

Perché per la Cina questo incontro avrebbe dovuto avere molta importanza? Proprio perché alle discussioni presenzia un “comitato di pietra”, gli Usa di Trump che hanno portato negli ultimi mesi il livello di dialogo e distensione con Pechino ai minimi storici. Ciò che si può ottenere quindi dalla UE sarebbe un vantaggio su Washington.

Trump, dal canto suo, vuole una UE disintermediata se non ostile a Pechino, mentre Xi vorrebbe persuadere Merkel (& Co.) a prendere le distanze da Washington. Pechino amerebbe il multilateralismo.  Trump il contrario, cioè negoziare con i paesi membri della UE ad uno ad uno perché avrebbe carte più pesanti da giocare.

Sta di fatto che dagli inizi delle negoziazioni ad oggi sono successe molte cose che hanno cambiato alcune percezioni europee sulla Cina.

Come scrive la Nikkei Asian Review “è la fine di una luna di miele” e lo  sottolinea anche la Deutsche Welle ricordando le proteste formali del Parlamento di Strasburgo contro le violazioni dei diritti umani nello Xinjiang (i problemi degli Uiguri) e per gli arresti e le repressioni degli attivisti di Hong Kong.

A questi si aggiunge la gestione della pandemia che ha causato attriti. La cosidetta “diplomazia delle mascherine” messa in atto dalla Cina per aiutare i paesi occidentali vittime del virus è stata recepita come una “campagna di marketing” e forniture mediche giudicate come aiuti camuffati.

Inoltre le informazioni sul virus date a noi occidentali sono risultate in ritardo e parziali. Taiwan il 31 dicembre bloccava i voli con Wuhan, mentre noi festeggiavamo ignari il Natale e Capodanno.

Del cambiamento di percezione nella UE si è sicuramente accorto il Ministro degli Esteri cinese Wang Yi durante il suo recente tour a tappe in Italia, Paesi Bassi, Norvegia e Francia. Wang Yi ha criticato la “postura da nuova guerra fredda adottata dagli Stati Uniti” e rinnovato gli appelli al multilateralismo.

Wang Yi  ha notato sicuramente un allineamento diffuso, europei con il presidente francese Macron che da tempo predica “abbiamo un approccio in ordine sparso e la Cina sfrutta le nostre divisioni”.

Nei punti principali delle trattative la UE ha ribadito la richiesta di “plain field” – operare con le stesse regole nel commercio – una competizione paritaria. Mentre, sostengono alcuni critici, la Cina richiede regole non in linea con quello che si fa nella UE.

In sintesi, le aziende cinesi nella UE operano già in mercati liberi, a differenza delle imprese europee in Cina che riscontrano ostacoli para-tariffari che rendono la vita più dura.

Nelle intese c’è anche un accordo che protegge “reciprocamente” la denominazione dei prodotti regionali (100 prodotti).

In conclusione sebbene l’incontro sia stato solo virtuale, il risultato del Summit può essere giudicato positivo per la UE.  Bruxelles – in documenti ufficiali – ha riconosciuto che la Cina è “un rivale sistemico che propone modelli di governance alternativi e che c’è quindi lavoro da fare.

Sarà che l’Unione Europea inizi finalmente ad occuparsi di cose serie e non solo di quanto latte deve essere prodotto o della dimensione delle vongole?

Vittorio Volpi