L’attrice Anna Foglietta, madrina della Mostra di Venezia, sarà Franca Rampi, mamma di Alfredino, il bambino vittima della tragedia di Vermicino quando, nel 1981, cadde in un pozzo artesiano e fu estratto soltanto dopo tre giorni, morto. L’attrice e madrina interpreterà Franca Rampi nel film “una storia italiana”, prodotto dalla Lotus Production.

Anna Foglietta interpreterà la mamma di Alfredino

 

la terribile vicenda iniziò la sera del 10 giugno, alle 19.30 col ritorno a casa di Ferdinando Rampi, due suoi amici e il figlio, di 6 anni. Il piccolo chiese ed ottenne di precederli, ritornando dalla scampagnata. Quando, dopo mezz’ora, il padre scoprì che il bambino non era arrivato, si attuarono immediatamente le ricerche. Fu il brigadiere Giorgio Serranti, venuto a conoscenza dell’esistenza del pozzo, sebbene gli fosse stato detto che esso era coperto, a pretendere di ispezionarlo ugualmente e, fatta rimuovere la lamiera che vi era stata posta poco dopo la tragedia dal proprietario del pozzo, infilò la sua testa nell’imboccatura e riuscì così a udire i flebili lamenti di Alfredino. Si scoprì così che il proprietario del terreno sovrastante aveva messo la lamiera sulla fessura intorno alle ore 21:00, senza minimamente immaginare che all’interno ci fosse intrappolato il bambino scomparso e dopo che erano già iniziate le ricerche.

Il proprietario del terreno, Amedeo Pisegna, abruzzese di 44 anni, insegnante di applicazioni tecniche, venne poi in seguito arrestato con l’accusa di omicidio colposo e con l’aggravante della violazione delle norme di prevenzione degli infortuni.

 

I tentativi di soccorso durarono 60 ore consecutive: tra i soccorritori accorse il tipografo d’origine sarda Angelo Licheri, piccolo di statura e molto magro, che chiese e ottenne allora di farsi calare nel pozzo originario per tutti e 60 i metri di profondità. Licheri, cominciata la discesa poco dopo la mezzanotte fra il 12 ed il 13 giugno, riuscì ad avvicinarsi ad Alfredino, tentò di allacciargli l’imbracatura per tirarlo fuori dal pozzo, ma per ben tre volte l’imbracatura si aprì; tentò allora di prenderlo per le braccia, ma il bambino scivolò ancora più in profondità. Per di più, nel tentativo, involontariamente gli spezzò anche il polso sinistro. In tutto, Licheri rimase a testa in giù 45 minuti, contro i 25 considerati soglia massima di sicurezza in quella posizione, ma dovette anch’egli tornare in superficie senza il bambino.

Licheri fu l’unico ad essere riuscito a parlare ad Alfredino. “Per anni”, raccontò in seguito “sognai la morte che veniva a prenderlo”.

Un altro ragazzo, di 16 anni, originario di Napoli, chiese di calarsi, ma scoperto che era minorenne e senza il diretto consenso dei genitori, gli fu proibita l’impresa.

Fu Donato Caruso, uno speleologo, a tentare per ultimo l’impresa: tentò di acciuffare i polsi del bambino con delle fascette da detenzione psichiatrica, senza riuscirci, poiché Alfredino scivolò giù al primo strattone, tentò allora con delle manette, senza riuscire ad afferrare Alfredino. Caruso  tornò in superficie senza esser riuscito nell’intento, riportando inoltre la notizia della probabile morte del bambino.

Il giorno dopo fu calata una telecamera per riprendere la sagoma del bambino che, ormai immobile, non respirava più.

Solo un mese dopo il corpo fu recuperato: era stato conservato con gas rigenerante, immesso per ordine di un magistrato.

In quegli anni nasceva la tv privata e in 60 ore di diretta continua, (con alternate pubblicità, non senza polemiche) l’intera popolazione stette col fiato sospeso (ma, tra gli spettatori sul luogo del fatto ci fu anche chi si portò il picnic o l’acquistò dai venditori giunti per l’occasione). Tra dramma e lucro, Giancarlo Santalmassi durante l’edizione straordinaria del TG2 del 13 giugno 1981, avrebbe alfine concluso:

«Volevamo vedere un fatto di vita, e abbiamo visto un fatto di morte. Ci siamo arresi, abbiamo continuato fino all’ultimo. Ci domanderemo a lungo prossimamente a cosa è servito tutto questo, che cosa abbiamo voluto dimenticare, che cosa ci dovremmo ricordare, che cosa dovremo amare, che cosa dobbiamo odiare. È stata la registrazione di una sconfitta, purtroppo: 60 ore di lotta invano per Alfredo Rampi.»

L’idea di trarre un film dalla tragedia del bambino era già stata creata nel 2018, con un film d’Essai, proiettato il 13 gennaio alle 21 nel Centro Culturale teatro Opp Art di Sovico.

Di certo, Anna Foglietta avrà una grande responsabilità nell’interpretare tutto il dolore e la lancinante attesa di una madre. Franca Rampi fu proprio colei che si attuò per la creazione, in seguito alla tragica morte del figlio, della protezione civile.

“Sento molto la responsabilità di aprire questa edizione della Mostra di Venezia” ha detto la Foglietta “non è per me e per il cinema la numero 77 ma Venezia Anno Zero. Mi aspetto un’esperienza fantastica: questa Mostra ha un valore simbolico, siamo i primi a realizzare un festival in presenza e in sicurezza e vogliamo dare la dimostrazione che si può fare, che se siamo bravi possiamo riguadagnare una pseudo normalità della quale abbiamo bisogno tutti e che può essere motore culturale ed economico di ripresa. Tornare a vedere i film in sala significa uscire, avere una socialità per quanto in sicurezza, significa far ripartire l’industria. Il cinema lo può fare e noi qui abbiamo una grande opportunità di dimostrarlo e sperare di fare da apripista. Come siamo andati a mangiare la pizza quest’estate, come siamo andati a fare il bagno al mare così possiamo tornare in sala. Qui dalla Mostra del cinema segniamo una ripartenza, uno start. Come lavoratrice dello spettacolo sento di interpretare i desideri di tutti i colleghi e spero che quelli del teatro, dove è più complicata la ripresa, ce la facciano quanto prima anche loro.” La Foglietta ha poi parlato dell’Anno del Covid, facendo appello all’empatia: “Fare ed empatia saranno le parole chiave che mi rappresentano e rappresentano questo periodo. Non c’è solo il cinema ma tutto quello che sta capitando: siamo in una grande arca nel mezzo di una tempesta”.