Palamara radiato dall’ordine

Pena massima prevista per l’ex magistrato Palamara, inflittagli dalla Sezione disciplinare del Consiglio che ha accolto la richiesta della Procura generale della Cassazione.

Un processo lampo (dodici udienze), una camera di consiglio di tre ore. Alla fine, la sentenza non gli ha dato scampo, sentenziando che Palamara “ha tramato per condizionare il Csm.” Palamara è divenuto così il primo ex consigliere del Consiglio superiore della magistratura ad essere rimosso dall’ordine giudiziario, anche se non si dà per vinto: l’ex presidente Anm ha infatti ribadito “Farò ricorso in ogni sede, anche alla Corte europea dei diritti dell’uomo”. per poi annunciare le sue nuove scelte politiche: “Adesso” ha detto “aderisco al Partito Radicale. Porto e porterò sempre la toga nel cuore. É con questo spirito che aderisco al Partito Radicale. Avevo necessità” ha spiegato “di spiegare ai cittadini ed ai magistrati perché è accaduto quello che è accaduto”.

Le accuse, lette dagli avvocati generali della Cassazione, Pietro Gaeta e Simone Perelli d’altra parte, erano pesanti. Di una gravità inaudita, di “condizionare in modo occulto l’attività del Csm”. Andavano dalla “violazione dei doveri di correttezza ed equilibrio”, all’”aver tenuto un comportamento gravemente scorretto nei confronti dei colleghi (come Paolo Ielo, Giuseppe Creazzo e Franco Lo Voi) e sostituirsi agli stessi, e poi ancora tentativi di condizionare la proposta e la nomina di vari uffici giudiziari da parte del Consiglio superiore della magistratura, e di discredito nei confronti di alcuni colleghi.

Gaeta e Perelli avevano prove che si basavano su migliaia di pagine di intercettazioni di chat e telefonate (captate grazie a un chip inserito nel suo cellulare) risalenti al 2019, nelle quali Palamara tentava palesemente di pilotare le nomine di capo della Procura a Roma e Perugia, assieme ai deputati Luca Lotti (appartente al Partito democratico, e oggi autosospesosi) e Cosimo Ferri (che dal partito Democratico passò al PdL di Berlusconi, quindi a Forza Italia e, di questi tempi era ritornato alle origini con Italia Viva). Questi ultimi due parlamentari sono a tutti gli effetti “soggetti del tutto estranei all’istituzione del Consiglio”, e la loro partecipazione alle nomine rappresentava, assolutamente, un illecito.

Il condannato tuttavia non si accetta la sconfitta e, anzi, rilancia: “Ho pagato per tutti, ricorrerò in Cassazione e a Strasburgo, alle Sezioni Unite della Cassazione e alla Corte europea dei diritti dell’uomo.” per poi concludere “Non ho mai barattato la mia funzione per fare un favore al politico di turno”.

I giudici dell’imputato, il presidente Fulvio Gigliotti, laico indicato da M5S, e Emanuele Basile, laico della Lega, nonché i giudici Piercamillo Davigo di Autonomia e indipendenza, Elisabetta Chinaglia di Area, Paola Maria Braggion e Antonio D’Amato di Magistratura indipendente sono entrati in camera di consiglio. Solo allora, Palamara ha parlato.  A difenderlo, il consigliere di Cassazione Stefano Giaime Guizzi (che aveva chiesto l’assoluzione o la sospensione di due anni) che si è apertamente augurato che la sentenza non fosse “politica”.

Tuttavia i coinvolti non sarebbero soltanto i due suddetti parlamentari poiché, come Palamara stesso ha confessato, l’ex magistrato non avrebbe incontrato a cena non solo Luca Lotti. Ha infatti poi ribadito: “I nomi dei politici che ho incontrato li farò, ma deve tutto essere documentato e circostanziato. Io sarò in grado di dire e documentare con chi mi sono trovato a parlare di nomine con politici diversi da Lotti. Di cene ne ho fatte tantissime.”