È difficile preoccuparsi delle elezioni di un paese nel mezzo di una crisi globale. Vale sia per gli aventi diritto al voto che per i politici, i pensieri sono soffocati dalle preoccupazioni per la pandemia. Ma il risultato finale della campagna elettorale condotta dai leader politici, ritenuta deludente, determinerà il modo in cui la Nuova Zelanda uscirà dal più grande shock economico degli ultimi decenni.

Quando l’attuale prima ministra neozelandese Jacinda Ardern, ha assunto la direzione del partito laburista a sette settimane dalle elezioni del 2017, aveva conquistato i cuori e le menti degli elettori con le sue promesse di cambiamento travolgendo tutta la nazione. La mitigazione del cambiamento climatico, la fine della povertà infantile e la lotta alla crisi degli alloggi erano le sue promesse elettorali costruite intorno a parole di speranza e gentilezza. Ma a distanza di tre anni, si ritrova ad affrontare il presente del suo paese impantanato a causa della pandemia da coronavirus, con la perdita di posti di lavoro, con l’aumento dei livelli di povertà e disagio ed una crisi economica.

Quest’anno lo scintillio della Arden sembra svanito sostituito da una campagna elettorale “smorzata”. Rispetto alle precedenti elezioni, la Ardern è meno presente nei media preferendo invece i canali di social media dove condivide fotografie di quello che ha mangiato a colazione e di immagini sorridenti al lavoro.

Gli ultimi due anni di politica sono stati dimenticati e l’unica cosa che conta per l’elettorato sono gli ultimi mesi dove l’impatto del Covid-19 ha creato tempi davvero incerti. Il partito laburista ha inoltre dovuto congelare molte delle sue politiche a causa dell’opposizione del primo partito nazionalista e populista neozelandese “New Zealand First”, con il quale ha formato una coalizione di governo. I laburisti infatti, governano con una maggioranza ristretta nel parlamento insieme al partito dei Verdi di sinistra e i primi partiti di destra.

Comunque i sondaggi sembrano favorire nella corsa del prossimo 17 ottobre la 40enne Jacinda Ardern con 17 punti percentuali di distacco dalla candidata 61enne nazionalista di centro-destra Judith Collins, leader dell’opposizione. Quest’ultima sta incoraggiando le persone ad uscire e sostenere le attività locali, perché il costo economico della pandemia sarà enorme e avrà conseguenze devastanti per molti. La Collins chiede che ci sia un governo con provata competenza che abbia un piano per la ripresa credibile, dato che si prevede la perdita di altri 100 mila posti di lavoro con 15 anni di deficit e bassa crescita all’orizzonte. Un governo nazionale che fornisca sgravi fiscali stimolando l’economia, e ammettendo che all’ordine del giorno ci sarà una tassa patrimoniale, che a suo dire colpirà “solo” 300 mila persone su quasi 5 milioni di abitanti. Secondo Judith Collins, che ha preso di mira la gentilezza del primo ministro, la Ardern ha offerto agli elettori solo “amore e abbracci” sulla scia della pandemia globale.

La Ardern da parte sua esclude che i laburisti imporranno un’imposta sul patrimonio, anche se i Verdi l’hanno segnalata come una priorità per i negoziati di coalizione. La sua posizione pare rafforzata dalla gestione della crisi da coronavirus che, sebbene abbia gettato il Paese in una recessione, ha guadagnato diversi elogi da parte degli osservatori, anche esteri. La Ardern usa le sue chiare capacità di comunicazione per rassicurare e unificare un paese spesso diviso. La sua richiesta di un voto per un secondo mandato è mirato soprattutto alla stabilità e all’ottenimento della maggioranza assoluta in parlamento da parte dei laburisti. “Per una ripresa forte e stabile occorre un governo stabile”, afferma la Ardern, e per molti osservatori la questione più importante non è se i laburisti vinceranno o meno, ma se saranno in grado di ottenere quella maggioranza che consente loro di governare da soli. Per la prima volta un partito unico in Nuova Zelanda sarebbe in grado di farlo da quando il sistema proporzionale di rappresentanza mista è nato, un secolo fa.

Gli unici partiti che potrebbero condizionare i laburisti sono il partito dei Maori e il partito delle opportunità (TOP). I Maori hanno fornito una serie di politiche incentrate sull’affrontare le persistenti disuguaglianze create dal colonialismo, in particolar modo giustizia, salute e alloggi. Vogliono inoltre istituire un parlamento maori separato e vedere la lingua e la storia maori insegnate come materie fondamentale nelle scuole.

La Nuova Zelanda ha avuto meno di 2 mila infezioni da Covid-19 e solo 25 decessi. Ad agosto però, dopo 100 giorni passati senza nuove infezioni, il virus è riemerso costringendo la città più grande della Nuova Zelanda a tornare in isolamento.