Il prossimo 29 novembre saremo chiamati ad esprimerci sull’iniziativa “Per imprese responsabili”

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Siamo stati, al 6° piano di corso Elvezia 16, alla conferenza stampa del fronte “No! Non così”. I giornalisti non erano molto numerosi (verosimilmente impegnati sul fronte Trump-Biden). Sono intervenuti i consiglieri nazionali Farinelli (fisicamente presente), Regazzi Romano (in videoconferenza), ospiti di Luca Albertoni, direttore Cc-Ti.

In estrema sintesi, l’iniziativa è accattivante e piena di buone intenzioni (ma le vie lastricate di buone intenzioni conducono… dove?), e possiede una forte carica ideologica, così come la possiede il suo più illustre propugnatore (che per la verità non è stato neppure citato per nome).

Ciò che più si teme, in caso di approvazione, è che si scateni una raffica di cause pretestuose contro grandi (o medio-piccole!) imprese, per fini economici e di concorrenza industriale, ma forse anche politici.

Il nostro caro Paese sta diventando il campione del mondo nello sport di farsi male da solo, e allora – dicono in coro Farinelli, Regazzi e Romano – non è il caso di continuare!

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(com)  Un’iniziativa dagli obiettivi lodevoli e condivisibili. Nessuno sarà mai contrario al principio per cui le imprese debbano assumersi la responsabilità delle proprie azioni. Nessuno sarà mai contrario alla necessità di rispettare i diritti dell’uomo e quelli dell’ambiente. Il problema è che questa iniziativa, malgrado un titolo accattivante, non raggiunge assolutamente il risultato che si prefigge e, contemporaneamente, mette in gran difficoltà il nostro paese. (che per la verità

Un boomerang per le popolazioni dei paesi in via di sviluppo
Il testo in votazione deriva da un approccio assolutamente dogmatico che non ha alcun legame con quanto avviene nella nostra realtà. Le imprese svizzere che operano a livello internazionale sono estremamente attente e forniscono un contributo fondamentale per lo sviluppo dei paesi in cui sono attive. È scorretto dipingerle come delle organizzazioni criminali. Piuttosto è vero il contrario. Le nostre imprese garantiscono il rispetto dei diritti umani e dell’ambiente, esportano il sistema formativo svizzero e favoriscono la crescita di questi paesi. Se, a causa dell’iniziativa e dell’incertezza che creerebbe, le nostre aziende dovessero ritirarsi lasciando spazio, per esempio, a aziende cinesi, il risultato finale per le popolazioni locali sarebbe esattamente l’opposto rispetto a quello auspicato dagli iniziativisti.

L’iniziativa svantaggia le imprese svizzere rispetto a quelle straniere
Con questa iniziativa, si discriminano le imprese svizzere rispetto a quelle estere svantaggiandole rispetto alla concorrenza internazionale. L’iniziativa prevede un sistema unico al mondo che penalizza esclusivamente le nostre imprese indipendentemente dalla dimensione. Infatti, sono toccate sia le multinazionali che circa 80’000 PMI. Obbligare a effettuare controlli su tutti i propri fornitori è illusorio e irrealistico. Per essere scagionate, le imprese svizzere dovrebbero dimostrare che non solo loro ma anche ogni singolo fornitore e subfornitore si sia attenuto alle norme. Secondo le stime, le imprese svizzere dovrebbero analizzare circa 100 milioni di rapporti commerciali. Inoltre, qualsiasi pretesto potrebbe essere strumentalizzato per avviare una causa di responsabilità civile in Svizzera da parte di avvocati o ONG arrembanti. Che l’impresa sia colpevole o meno, la sua reputazione sarebbe comunque macchiata per tutta la durata del procedimento. Il risultato di tutto questo? Una capsula di caffè prodotta in Svizzera sarebbe sospetta mentre la medesima capsula prodotta in Italia e venduta nello stesso negozio no. Questo non è accettabile. Sfavorire le imprese svizzere rispetto a quelle estere non può essere la soluzione. Il controprogetto entra automaticamente in vigore in caso di bocciatura.

Per evitare questi effetti negativi, il Parlamento ha proposto un’alternativa. Il controprogetto indiretto, che si basa su strumenti condivisi a livello internazionale, entrerà in vigore solo in caso di bocciatura dell’iniziativa. Con esso, la Svizzera si doterebbe di una delle regolamentazioni più moderne e rigorose a livello mondiale in materia di responsabilità d’impresa e sulla co-responsabilità delle imprese nella loro catena d’approvvigionamento. Nessuno nega che ci siano state forme di abuso o comportamenti poco corretti. È giusto che questi casi vengano perseguiti e i responsabili sanzionati. Ma le leggi per sanzionare questi casi esistono già e, in ogni caso, non si può fare di tutta l’erba un fascio. Non danneggiamo le popolazioni di questi paesi e la nostra economia con un’iniziativa dagli obiettivi condivisibili ma basata su strumenti sbagliati. Aiutiamo ma non così!

Marco Martino Coordinatore del comitato interpartitico cantonale
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