L’imperativo morale dell’iniziativa

“Per questo la preoccupazione dei promotori dell’iniziativa va condivisa e l’iniziativa sostenuta. Il controprogetto indiretto presentato e votato (in extremis) dal Parlamento ha tutta l’aria di essere stato un esercizio alibi, adottato più per togliere vento alle vele dell’iniziativa che per la consapevolezza dell’imperativo morale con il quale il testo dell’iniziativa, invece, ci mette a confronto: le multinazionali svizzere, che si fregiano del marchio di rispettabilità dato dal nostro Paese (e che ne fanno un atout di mercato), possono fare all’estero quello che in Patria non possono fare, non rispettando i diritti dell’uomo e le norme ambientali internazionalmente riconosciute?” (dal CdT odierno)

Renzo Respini, già consigliere di Stato e consigliere agli Stati

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Mentre il PPD svizzero – (C)VP o Alleanza del Centro che dir si voglia – fa propaganda a tappeto per il No, al presidente ticinese in carica Dadò si aggiunge oggi un maggiorente del partito di tutto rispetto.

Non saremo noi, che privilegiamo largamente l’espressione del convincimento personale rispetto all’ “unanimismo forzato partitico”, a criticare questa questa presa di posizione.

Ci limitiamo a costatare che il divario tra i due campi è abissale. A nostro avviso gli iniziativisti sono avvantaggiati perché hanno una gran fede (religiosa o laica). I fautori del No hanno l’aria di gente un po’ troppo pratica, non fanno battere il cuore.

In realtà nel caso infausto, come ci ha detto un noto uomo politico (che non nominiamo): “sarà il trionfo degli avvocati”. Beh, dopo tutto John Grisham è uno dei nostri autori prediletti.