Per la terza volta Natalia Ferrara ha perso un’elezione importante. La prima volta fu nel 2015 (governo), la seconda nel 2019 (consiglio nazionale). La terza è stata oggi. Non è certo mia intenzione infierire, Maramaldo non è mai stato mio amico.

Perché Natalia ha perso? Perché era una candidata debole e insufficiente? No, al contrario, era una candidata brillante, motivata, audace e dall’eloquio empatico. Ma ci sono degli elementi che hanno giocato a suo sfavore.

In primis l’idea, radicata in lei, che una campagna “diluviale” debba essere per forza di cose vincente. Apparire sempre in TV, scrivere sul Corriere un giorno sì e uno no, e anche sulla Regione (abbondiamo…). Questa idea ce l’ha da sempre e molti ricordano la sua esorbitante campagna 2014/2015 per il Consiglio di Stato.

Poi il fatto che la sua candidatura sembri promossa e sospinta da ambienti “radicalchic” connotati a sinistra. Magari non è vero, ma l’impressione è proprio quella e l’impressione conta.

Infine, una troppo vistosa ambizione che, se è l’ambizione di portarsi ai primi ranghi perché si sente di avere qualcosa da dare, è addirittura sana. Ma che si presta troppo facilmente ad essere fraintesa.

Perché oggi ha perso Natalia? Perché non è riuscita a convincere il partito di non essere un rischio. 

La sua presidenza avrebbe potuto causare perdite di elettori sulla destra (e non mi si dica per favore: “destra e sinistra non esistono più”, queste sono baggianate).  Pericoli immaginari? Fantasie morbose? Paura dei fantasmi?

Perbacco no! Se non una certezza, almeno una possibilità ben concreta. Natalia non ha offerto niente, neanche uno sguardo, neanche un mezzo pensiero, alla destra liberale, che esiste ancora nel partito, benché priva di leader e disorganizzata.

Oggi Natalia ha parlato benissimo, e altri hanno parlato in suo favore, ma non ha saputo rassicurare il partito. Per questo ha perso. Ha conquistato il suo elegante oscar oratorio, ma ha perso.

Ammettiamolo pure, per poco.