E conosciuto come “killer di Twitter” l’uomo che ieri è stato condannato a morte dal tribunale di Tokyo. Takahiro Shiraishi, questo il suo vero nome, ha ucciso nove persone, quasi tutte adescate sui social network.
Il periodo dell’attività del killer va da agosto a settembre del 2017. Secondo le ricostruzioni, e la sua stessa confessione, Shiraishi aveva ucciso una prima donna in agosto. L’aveva conosciuta in un parco e lei gli aveva prestato del denaro. Quando ha richiesto indietro il prestito l’ha uccisa. Da quel primo omicidio in poi il suo modus operandi però era cambiato. Contattava via Twitter persone che esprimevano sul famoso social network la loro intenzione di suicidarsi e proponeva loro di farlo lui, di ucciderle o suicidarsi assieme a loro. Le attirava poi nel suo appartamento a Zama, poco distante da Tokyo, dove le uccideva in modi cruenti e ne smembrava i cadaveri.
La polizia era stata messa sulle tracce del killer quando, nell’ottobre del 2017, si era imbattuta in alcuni messaggi che Shiraishi aveva scambiato con una donna 23enne scomparsa da giorni. Quando è stato interrogato, l’uomo ha confessato di aver ucciso tutte le altre persone per paura che lo denunciassero per violenza sessuale e di averne smembrato i cadaveri per cancellare le tracce. Nel suo piccolo loft di appena 13.5 metri quadri, le forze dell’ordine hanno trovato due teste umane, numerose ossa e altri pezzi di cadaveri in decomposizione. Tra vittime sono state identificate otto donne un giovane uomo, tra i 15 e i 26 anni, che Shiraishi aveva drogato, violentato e infine strangolato.
La difesa di Shiraishi ha fatto leva sul fatto che le vittime in realtà avevano consentito ad essere uccise, giustificando tesi con le loro confessioni suicide su Twitter. Shiraishi tuttavia si è sempre dichiarato colpevole durante il processo dichiarando che nessuna delle persone che ha ucciso voleva davvero morire. Lo ha fatto principalmente per “motivi di denaro” e per “soddisfare i suoi desideri sessuali, senza alcun consenso”.
Il caso di Shiraishi ha fatto discutere il Giappone e il mondo intero, non solo per l’efferatezza dei suoi omicidi ma anche per la questione relativa al suicidio. Il Giappone è infatti uno dei paesi industrializzati con il più alto numero dei suicidi e la qualità dell’aiuto e del supporto che le persone vulnerabili ricevono è ormai da tempo oggetto di discussione. Il numero dei suicidi era diminuito negli scorsi anni ma ha registrato un altro picco in corrispondenza della pandemia da Covid-19. Le vittime più frequenti sono giovani donne.
Il Giappone è l’unico paese del G7, oltre agli USA, ad avere la pena di morte. Takahiro Shiraishi è stato condannato all’impiccagione per i suoi efferati crimini.