I musei in Italia, dal 6 Novembre 2020, come cinema, teatri e palestre, sono chiusi. E spesso in questi mesi si è cercato di comprendere se questo blocco degli accessi “fisici” nei luoghi di cultura italiani, potesse diventare una risorsa per accessi privilegiati, per un pubblico diverso, sfruttando il digitale. Le statistiche culturali dell’ISTAT ovvero l’Istituto Nazionale di Statistica in Italia sono famose perché non sempre i criteri della valutazione e del monitoraggio, in particolare sui rilevamenti dei musei, danno un quadro effettivo della situazione univoco su chi frequenta questi luoghi di cultura.

Eppure la vicina Italia, spesso definito il Paese “più bello del mondo” proprio per la sua cultura, arte e storia, è famosa e meta ambita dai turisti in particolare, proprio per i suoi musei. Il dato del 2016 addirittura veniva commentato come impossibile: su dieci italiani, sette non visitavano musei.

Rimandando ai siti ufficiali, commenti dei dati e ulteriori riflessioni selle percentuali e sulla quasi parità appartenenti al genere femminile o maschile, quello che colpisce è un dato: gli italiani pare non visitino musei per “disinteresse”. E se una cosa i social ed internet sanno generare è appunto “l’engagement”. Riuscirà l’era della pandemia, a creare “interesse” alla frequentazione di cultura proprio attraverso la tecnologia digitale?

Non quindi solo un problema di perdita di fatturato per una filiera che raccoglie una grande parte del patrimonio pubblico italiano. Una grande opportunità per creare valore e raggiungere le nuove generazioni “incuriosendo” anche i loro genitori e nonni. Una nuova linea strategica? Un esempio interessante, durante il primi e secondo lockdown, è il Museo Poldi Pezzoli di Milano che si è seguito da vicino. Una casa museo. Per avvicinare nuovi utenti, ha sviluppato una linea strategica che potrà probabilmente, anche dopo l’emergenza, diventare una sorta di “vademecum” per poter visitare non solo in presenza, il patrimonio contenuto nel museo.

Il percorso verso la digitalizzazione delle attività collaterali era iniziato anche prima della chiusura, avvenuta il 6 novembre 2020 a seguito del decreto legge italiano. Ne fu un ottimo esempio la bella presentazione del volume, a cura di Giorgio Verzotti, critico d’arte, dell’artista mantovana Chiara Dynys, edito da Skira Editore e avvenuta sia in modalità reale che virtuale.

Un libro che è anche opera d’arte e che ripercorre l’intera produzione dell’artista cercando di far cogliere tutti quegli aspetti di una donna artista che ha voluto nel tempo sviluppare: dagli spazi alla luce, dal nord al sud, dall’intreccio splendido della dualita’ dell’arte e dell’energia che ne scaturisce.

La presentazione, realizzata sia in presenza che in diretta zoom, ha voluto significare con la presenza di giornalisti e critici d’eccezione, quanto il lavoro della Dynys, in particolare raccontata attraverso fotografie di “”still-life”, non sia fatta solo di grandi allestimenti che nei musei piu’ prestigiosi di sempre, ma anche significato per la sua carriera il senso profondo della sua opera: raccontare nella dualita’, il mondo, fuori e dentro di sé. Un libro , documento su una artista che si fa “ponte” tra reale e virtuale.

Ma in questi mesi di nuovo lockdown il museo è andato oltre e ha deciso di attivare dei percorsi per avvicinare il suo pubblico ad una serie di iniziative del tutto virtuali che possono essere seguiti sia sui social media che attraverso il digitale in senso lato. E non solo attraverso le iniziative sulla piattaforma zoom per i più piccini.

Come recita il comunicato stampa di presentazione del Museo, ecco per esempio, le visite guidate online che coinvolge anche altre realta’ nazionali (il 19 dicembre 2020 si è svolta quella in collaborazione con l’Ente Nazionale Sordi nella figura della Sezione Provinciale di Milano della durata di 45 minuti e del tutto gratuita). Un esempio di buona pratica che ha quindi coinvolto anche il terzo settore (con la presenza in schermo anche di un interprete della lingua dei segni) e che ha potuto testimoniare con una visita lungo le sale cosa significhi davvero “casa museo” a partire non dai suoi capolavori ma dai suoi ambienti che diventano così, da reali a virtuali: una sorta di museo “del museo” tra lo studiolo dantesco alla immensa sala della armeria dove i capolavori simbolo di questo museo milanese diventano parte integrante di un “focus” virtuale tra dialogo ed interazione nuova, virtuale e non, dei partecipanti.

Esattamente come con le esperienze reali (indimenticabile l’allestimento della sala per la “Madonna con il bambino” del Mantegna ritrovata ad ottobre, dove il recupero dell’opera, grazie all’Opificio delle Pietre Dure di Firenze è stato presentato come opera-racconto nelle sue diverse fasi reali e di restauro da Lucia Bresci e sotto la direzione di Cecilia Frosinini in collaborazione con Andrea di Lorenzo, in una sorta di viaggio reale, con lo stesso fine di tutela del patrimonio del Museo, ecco che ora il tutto diventa virtuale, grazie a un progetto digitale interessante che, nello stesso modo “cinge tutto” isolandolo dal resto del Museo, ma concentrandone appieno l’essenza, attraverso l’attenzione su di un unico capolavoro, ovvero l’appuntamento di “a tu per tu con l’icona del Poldi Pezzoli”, un vero e proprio “focus” sull’opera simbolo del Museo, ovvero il “Ritratto di Dama” di Piero del Pollaiolo a cura della dottoressa Annalisa Zanni cosa può nascondere un dipinto e quante letture può nascondere.

Concludendo quindi, il contenuto si fa “contenitore” con la cultura “online” imposta dalla pandemia in Italia, ma è con esempi di buone pratiche come questa che forse, la sfida del virtuale racchiuderà in futuro in sé anche una grande occasione per i musei italiani: avvicinare all’arte ed alla propria storia personale, centinaia, migliaia di persone senza distinzioni di sesso o età e potenzialmente ovunque.

Cristina T. Chiochia