Un’agonia di 14 minuti, senza un apparente motivo. 

Il 1° gennaio 2021, a Montevideo in Uruguay, il 35enne di origini lucane Luca Ventre è stato fermato da un poliziotto uruguaiano all’ingresso dell’ambasciata italiana: dai frame si vede il poliziotto che lo immobilizza tenendolo per il collo la tecnica chiamata ‘chiave di judo’ tenendolo fermo per almeno 14 minuti. L’uomo sviene, non riacquisterà mai più conoscenza: in ospedale poco dopo, verrà dichiarato morto.

Dal frame del video

Ora la Farnesina comunica in una nota che “l’Ambasciata si è immediatamente attivata sia presso la Magistratura uruguaiana che presso quella italiana mettendo a disposizione copia integrale di tutti i filmati alle due Magistrature italiana e uruguaiana e conserva gli originali a disposizione di quella italiana”.

Luca Ventre

Il caso, tuttavia, resta tragico e irrisolto. Padre di una bimba di otto mesi, Luca Ventre si era trasferito a Montevideo otto anni fa, accanto al padre Mario, residente in Uruguay. Qui gestiva una pizzeria, collaborando con la Camera di commercio della città nel settore dell’import-export di alimentari, alle 7.04 (ora locale) del primo dell’anno, dopo aver parcheggiato, Luca citofona all’ambasciata italiana: nessuno gli apre, quindi (imprudentemente, col senno di poi) scavalca la cancellata all’ingresso ed entra in ambasciata.

In cortile trova una guardia privata e un agente di polizia locale armato, entrambi uruguaiani. Nei due minuti che seguono, Luca esce dal campo visivo della telecamera, poi riappare nel mentre si avvia verso l’uscita. Dalla sua entrata sono passati solo due minuti (!), e alle 7.06 si vede Luca che tenta di scavalcare il cancello per uscire, si vede la guardia che lo rincorre, che lo afferra, lo fa cadere e lo immobilizza, sino a che Luca si inginocchia con le mani dietro la schiena, senza opporre alcuna resistenza, anzi.

Il poliziotto allora gli mette un braccio attorno al collo mentre la guardia continua a tenerlo fermo: Luca tenta invano di divincolarsi dalla presa. Sono le 7.15. alle 7.18 Luca smette di muoversi

Le manette del poliziotto non sono mai state utilizzate, la guardia la si vede compiere le lunghe telefonate ma i tabulati sono sempre stati negati: la Procura non ha mai rivelato i tabulati telefonici, non si è mai saputo, sino ad ora, a chi abbia telefonato la guardia mentre Luca moriva ed il poliziotto non mollava la presa.

Successivamente il corpo viene trascinato di peso nell’auto della polizia – senza sirene né lampeggianti accesi-  e viene portato all’ospedale, doveverrà dichiarato morto.

I due agenti daranno sempre versioni discordanti: uno dirà che dopo l’arresto Luca si è svegliato, rivelandosi molto violento, l’altro dirò che durante il tragitto Luca è stato semi cosciente con le convulsioni.

L’autopsia evidenzia uno stato edematoso nel cervello compatibile con la morte da asfissia, mentre il cuore è sano e non v’è alcun segno evidente di infarto. Ancora non sono arrivati i risultati per l’esame tossicologico, ma nella vicenda non torna perché Luca si sia introdotto in ambasciata, perché volesse andarsene subito e, ovviamente, perché sia stato aggredito, immobilizzato e soffocato, nonostante il suo comportamento evidentemente tranquillo e arrendevole.  Inoltre ci si domanda perché il poliziotto era uruguaiano e non italiano.

Le indagini di questa tragica, oscura ed inquietante vicenda sono tutt’ora in corso.