di Carola Barchi, architetto, candidata PLR al Consiglio comunale di Lugano

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Le prese di posizione all’interno del PLR luganese si susseguono. L’influsso di una personalità come Fulvio Pelli si fa sentire, ma esponenti di rilievo come Re Giorgio, Badaracco, Schnellmann (e altri) hanno provveduto rapidamente a “smarcarsi”. È un bel match.

Ticinolive come portale non sta né di là né di qua. Rimane aperto e interessato a tutti i contributi di valore. A breve è prevista una intervista a un fautore del Polo.

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“Non ci sono vie di mezzo” è il messaggio del Municipio di Lugano, che mette il Consiglio comunale davanti a un aut aut: o prendere o lasciare, ma non si può ridiscutere nulla. Per il Municipio, infatti, modificare il progetto o rinegoziare l’accordo di partenariato pubblico privato (PPP) significa né più né meno decretarne la morte. Ma noi sappiamo che a decidere saranno probabilmente i cittadini a seguito dell’annunciato referendum del MPS. Il Municipio ha il dovere di fare trasparenza su questa gigantesca operazione immobiliare.

Come cittadina non ho alcun dubbio che il Polo sportivo sia necessario per dotare la Città di nuove strutture sportive adeguate ai bisogni della popolazione, e come architetto riconosco e difendo la validità e la qualità urbanistico-architettonica del progetto.  In linea con il Municipio, ritengo inoltre che la multi-funzionalità del Polo sia la condizione indispensabile per sviluppare e rivitalizzare questo comparto, integrandolo al resto della Città, onde evitare quello che l’Esecutivo chiama l’effetto “Cattedrale nel deserto”.

Chi, come me, opera nel campo della pianificazione, dell’urbanistica e dell’edilizia sa però che a queste qualità progettuali deve corrispondere un’altrettanta qualità nella gestione della fase realizzativa. Come ottenere questa qualità? L’accordo generale di PPP, così come presentato nel Messaggio municipale, non dà ad esempio garanzia sulla qualità architettonica degli edifici, dal momento che i progettisti vincitori del concorso non figurano più nella fase esecutiva. Per quanto riguarda gli edifici ovest, poi, la Città non sembrerebbe giocare un ruolo attivo nella promozione di una politica sociale e innovativa degli alloggi (ecoquartiere, cooperative d’alloggio, pigioni moderate). Non si menziona inoltre quali misure metta in atto la Città per il controllo della gestione di questo complesso processo da parte del privato. L’impressione generale è dunque che in questo accordo gli interessi pubblici non siano sufficientemente tutelati. Il messaggio non dà infine gli strumenti necessari per verificare i vantaggi finanziari del PPP e la sostenibilità economica del progetto per la Città.

La Città ha impiegato 10 anni per passare da un concorso di architettura a un progetto di massima. Un lasso di tempo abnorme, fatto di indecisioni politiche, incompetenza e inesperienza. Ma ora che il progetto sta per entrare nella fase operativa, la Città non può più permettessi errori e passi falsi. Ne va della riuscita qualitativa e della sostenibilità finanziaria di questo progetto. Occorre partire con il piede giusto e con l’equipaggiamento necessario per governare questo processo, coscienti che questo compito, anche all’interno di un PPP, spetta all’ente pubblico. Fermare le bocce per capire se gli interessi pubblici siano garantiti, è atto dovuto e necessario, non per affossare il progetto, ma per assicurarne una corretta realizzazione, evitando potenziali conflitti di interesse, perché Lugano ha bisogno di trasparenza.