Innanzitutto complimenti alla signora Cristina Schraner Burgener, una nostra diplomatica attualmente in carica quale inviata speciale del Segretaria generale dell’ONU per il Myanmar, che è stata nominata dal Consiglio federale segretario di Stato, alla testa della Segreteria della migrazione, succedendo a Mario Gattiker che ha raggiunto l’età del pensionamento.

Quote rosa Tito Tettamanti
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La funzione di segretario di Stato è dopo quella di Consigliere federale o Cancelliere della Confederazione la più alta esistente nel nostro ordinamento ed è nata anche per esigenze protocollari. Infatti, i nostri più alti burocrati negli incontri internazionali potevano al massimo colloquiare con i loro colleghi delle altre burocrazie, ma non era loro concesso di negoziare direttamente con la pletora di vice-ministri, sottosegretari di altri Stati perché quest’ultimi rappresentavano l’autorità politica. Da qui l’istituzione di cinque Segreterie di Stato.

Oltre a quella della migrazione, quella dell’economia – SECO (titolare la signora Marie-Gabrielle Ineichen-Fleisch), quella per la formazione, la ricerca e l’innovazione – SEFRI (titolare la signora Martina Hirayama), quella per le questioni finanziarie internazionali – DFF (titolare la signora Daniela Stoffel) e infine nel Dipartimento degli Affari esteri (DFAE) vi è una Segretaria di Stato nella persona della signora Livia Leu. Si dice che le cinque signore siano molto qualificate e ne sono contento per la Svizzera. Ma i cinque posti esistenti di Segretario di Stato sono tutti nelle mani di donne. E allora? Ciò che conta è la competenza, oso dire: viva la meritocrazia.

foto Ticinolive

Un Consigliere nazionale zurighese recentemente lamentava che il settore della cultura della città di Zurigo, la direzione del Museo Rietberg, il museo dei nativi Nord Americani, il Cabaret Voltaire, la casa del Teatro Gessnerallee, il Filmpodium di Zurigo, la Casa della cultura, quella della letteratura, il Teatro al Neumarkt sono tutti diretti da una o più donne con, quando necessario, ulteriori collaboratrici. Ma anche a livello cantonale uguale situazione per il settore cultura nel Dipartimento con direttrice, vice, collaboratrice scientifica, pure la Tonhalle e il Landesmuseum sono diretti da donne. Lo stesso quadro a Winterthur e vi risparmio i dettagli. Presumo che tutte queste numerose cariche siano meritate e forse anche dovute a un maggior interesse del mondo femminile per queste attività e quindi non condivido la critica del parlamentare. Infine, assunzione di posti vuol dire assunzione di responsabilità. Per contro trovo del tutto inappropriate le affermazioni di una dottoressa di San Gallo, che si vantava in un’intervista che da quando è stata messa alla testa della sua organizzazione ha nominato esclusivamente donne.

Questa brava signora non si è accorta di degradare la causa della parificazione femminile ad una forma di rivincita rancorosa ed enfatizzazione della discriminazione. Le rivendicazioni femminili avranno ottenuto il vero e miglior esito quando nessuno baderà più al fatto che chi nominato, prescelto, eletto sia donna o uomo. Constatiamo che in molti settori progressi sono stati realizzati, all’inizio del ‘900 una donna veniva ostacolata se voleva accedere agli studi di medicina, oggi sono maggiori le studentesse degli studenti. Ai miei tempi rarissime le cattedre universitarie rette da donne. Non è più il caso. I progressi ai livelli più alti non si sono ancora diffusi nelle attività più modeste, forse anche perché le gerarchie intermedie hanno sensibilizzato meno il problema. D’altro canto è singolare ma mi pare che nei sindacati stessi sia a livello dirigenziale che sul terreno l’elemento maschile prevalga. Sono sempre stato e sono tutt’ora un avversario delle quote rosa o di qualsiasi altro colore perché fonte di ingiustizie e difficilmente conciliabili con la meritocrazia, e quindi a maggior ragione mi rallegro per l’evoluzione in corso.

Constato con piacere i progressi fatti e il successo di lotte iniziate in Svizzera nella seconda metà dell’’800 con l’ottenimento cinquant’anni fa del diritto di voto per le donne. Tempi molto lunghi (ancora più lunghi per la complicazione del nostro quadro istituzionale) e molto resta ancora da fare ma si è raggiunto quell’importante punto nel quale alla rivendicazione categorica si sostituisce la maturità della negoziazione. In tale caso ci si può ispirare a due grandi personalità: Simone Veil, oggetto di due discriminazioni quale donna e quale ebrea che ha conosciuto in prima persona gli orrori di Auschwitz dove ha anche perso i genitori. Un’icona della lotta contro la discriminazione delle donne in Francia. Schierata sempre con grande equilibrio per il progresso duraturo figlio dell’evoluzione contro le rivoluzioni che giudicava incidenti di percorso nella storia dell’umanità.

Martin Luther King che opponendosi ai progetti di supremazia violenti di Malcom X sognava un mondo nel quale nessuno si sarebbe più reso conto del colore della pelle. Se le donne sapranno raggiungere mete simili, nelle quali la distinzione donna-uomo non avrà più peso, avranno vinto la loro battaglia e reso un grande servizio alla società e al Paese.

Tito Tettamanti

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