La Convenzione di Istanbul, ratificata nel 2011, era stata voluta dagli stati membri del Consiglio d’Europa per prevenire e combattere la violenza contro le donne.

Ora, la Turchia se ne è tirata fuori. Nel 2012 l’Anatolia era stato il primo Paese a ratificare il documento, col sostegno dell’allor e attuale presidente Recep Tayyip Erdoğan. Allora, forse, Erdogan non aveva ancora mostrato il suo vero volto. La convenzione era quindi entrata in vigore nel 2014, anche se, secondo la piattaforma civile “We Will Stop Femicide Platform ” (Noi fermeremo i femminicidi). Non era mai realmente stata applicata.

Sette anni dopo, ora che Erdogan ha calato la maschera dimostrando a tutti di voler estendere, senza scrupoli, i propri confini sul mondo, in nome del patriottismo islamico, lo stesso presidente turco se ne esce fuori.

I diritti delle donne sono comunque già garantiti nella legislazione, sostiene Recep Tayyip, non ha senso, dice, legiferarli con un’ulteriore convenzione.

Gokce Gokcen, esponente del Chp, il principale partito di opposizione, ha dichiarato: “abbandonare il trattato significa considerare le donne cittadine di seconda classe e permettere che vengano uccise”.

La faccia della Turchia più conservatrice, patriottica, di “destra” e, quindi, più legata all’islam oltranzista, si era sempre mostrata avversa alla Carta in difesa della donna, sostenendo che questa danneggiasse l’unità familiare, incoraggiando il divorzio. Tale faccia grazie a (o a causa di) il vero volto di Erdogan ora ha lasciato cadere il proprio velo dimostrandosi per quella che è e, riemergendo più forte nelle proprie idee estremiste e rigorose, è pronta a gridare ad un’Europa che non vuol sentire, il proprio oscurantismo.

Secondo la parte più oltranzista della Turchia, infatti, i riferimenti all’uguaglianza insiti nella Carta verrebbero strumentalizzati dalla comunità Lgbt.

Il presidente, la cui popolarità è comunque in calo, ma il cui disegno religioso e politico è sempre più forte, punta quindi sui voti degli estremisti. Sotto Erdogan, come riportano i media locali, infatti, la Turchia è divenuta “il rifugio” dei Fratelli Mussulmani.

Sempre secondo il gruppo per i diritti “We Will Stop Femicide Platform” l’anno scorso in Turchia sono state uccise 300 donne: nella penisola anatolica il femminicidio rappresenta un problema davvero molto grave.

Un tenue movimento di supporto alla convenzione ormai abbandonata, ha lanciato in rete l’hashtag  #istanbulconventionsaveslives, per sperare che Ankara e Istanbul ritornino sui propri passi, in nome della luce plurimillenaria della loro tradizione, guardando però al futuro, e non del buio oltranzista centenario, che guarda solo (anche con la conversione della basilica di Hagia Sophia in moschea) a una data precisa, il dies terribilis 29 maggio 1453.