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Ho letto attentamente il testo esplicativo sul tema pubblicato in internet da Aggruppamento Difesa. Il discorso è accattivante ma, nella sua acritica positività, non mi ha convinto. L’Esercito dovrà provvedersi di un manipolo di “imam militari”? Tutti sappiamo che certi imam “in borghese”, fautori e predicatori di un islam radicale e aggressivo, hanno causato gravi problemi alla nostra società, al punto che l’autorità è stata costretta a chiudere delle moschee e a procedere ad espulsioni. “Non dovete inquietarvi per questo” ci tranquillizza il Dipartimento diretto da Viola Amherd. Gli “imam militari” – par di capire – saranno garantiti, democratici e al di sopra di ogni sospetto. Non abbiamo quindi nulla da temere.

In un passaggio importante il testo pubblicato recita: “Cappellani militari provenienti da contesti molto diversi e impegnati per i medesimi valori – diversità e inclusione (citati nella frase precedente) – li vivono in prima persona.” A mio avviso non basta. La domanda è: questi imam saranno realmente impegnati per i valori fondanti della nostra società democratica? La risposta non è incontrovertibile.

Il nuovo esercito compie ogni sforzo per apparire politicamente corretto (dunque “accettabile”) ed è chiaro che l’esercito nuovo non potrà essere uguale al vecchio, perché il tempo passa e le cose cambiano. Tuttavia, questo passo non mi sembra opportuno, anche se molti applaudiranno e la cosa, suppongo, è già decisa.

francesco de maria, risponde a una domanda di Lorenzo Quadri