Teologo, scrittore e sacerdote cattolico romano, Hans Küng ha scritto più di 50 libri, tutti diventati bestseller stampati in diverse lingue in tutto il mondo. I suoi pensieri hanno influenzato e promosso il dialogo per trovare un punto d’incontro tra le grandi religioni monoteiste, sfidando il Vaticano. Sotto Giovanni Paolo II fu censurato e privato del suo diritto di insegnare teologia cattolica.

È morto martedì nella sua casa di Tubinga, in Germania. Aveva 93 anni. “Vengo dalla terra di Guglielmo Tell e non siamo stati educati per essere sottomessi”, disse una volta spiegando la sua natura combattiva e sottolineando che era nato a Sursee, un comune svizzero a nord-ovest di Lucerna. “Perché dovremmo sempre strisciare? Stare in piedi è adatto anche ad un teologo”, affermava.

Ha pagato a caro prezzo quell’indipendenza e gli sforzi di riformare con i suoi articoli un Vaticano fortemente vincolato alla tradizione. Sforzi che hanno lasciato comunque il segno per un cattolicesimo più aperto e interrogativo.

I suoi seguaci lo chiamavano scherzosamente Martin Luther Küng. Non ha mai voluto fondare una nuova chiesa, ma voleva riformare quella cattolica che amava e a cui apparteneva. All’età di 11 anni iniziò la preparazione al sacerdozio e le sue capacità intellettuali sono state rapidamente riconosciute durante la sua formazione all’Università Gregoriana di Roma. Per la sua tesi scelse come argomento un libro, al quel tempo proibito dalla Chiesa, “l’Umanesimo ateo” di Jean-Paul Sartre, e la teologia del teologo protestante svizzero Karl Barth. Argomenti che segnarono la sua ampia prospettiva sulla fede.

Era così sicuro di sé da sembrare arrogante, senza paura di criticare i papi e mettere in discussione gli insegnamenti della Chiesa. Indossava tute da ginnastica o abiti su misura evitando l’abito clericale, guidava auto sportive e amava sciare fino a tarda età.

Dopo che il Vaticano nel 1979 gli tolse la licenza per insegnare teologia presso qualsiasi università cattolica, continuò come professore di teologia ecumenica a Tubinga, diventando il primo direttore dell’istituto universitario per la ricerca ecumenica, nello stesso dipartimento di teologia che ospitava Joseph Ratzinger, teologo liberale in seguito diventato più conservatore, che ha diretto la Congregazione per la dottrina della fede prima di diventare Papa Benedetto XVI nel 2005. I due erano secoli di distanza sulle opinioni in merito alla Chiesa.

Furono in molti a ipotizzare che sarebbe stato Küng, intelligente, carismatico e grande oratore, a finire in Vaticano piuttosto che il timido e ultraterreno Ratzinger. Gli storici ritengono che quando era relativamente giovane, Küng era molto influente con le sue dichiarazioni che cercavano di portare il cattolicesimo nel mondo moderno. Ma il divario con Roma diventò sempre più grande. Specialmente con la pubblicazione di un libro che lo portò ad una disputa di otto anni con la Congregazione vaticana per la dottrina della fede che tutelava i costumi e la fede della Chiesa. “La Chiesa è infallibile?” da lui scritto nel 1971, fu sottoposto a esame, che lo stesso Küng definì come un’Inquisizione. In una lettera la Congregazione gli notificò le difficolta a capire le sue opinioni pregandolo di spiegare per iscritto come non potessero quest’ultime contraddire la dottrina cattolica. Ma Küng tralasciò sempre qualsiasi possibilità per le spiegazioni.

I suoi interessi erano diventati notevolmente più ampi da quando gli fu tolta la licenza. Attratto dagli studi sull’Islam, su Mozart, sul rapporto tra scienza e religione e sulla domanda più grande di tutte: se Dio esiste.

Nel periodo di massimo splendore, la Chiesa era intollerante nei confronti dei suoi sacerdoti dissidenti. Küng, da liberale, ha criticato fortemente la politica della Chiesa, il suo governo, la liturgia, l’infallibilità del Papa, l’opposizione al controllo delle nascite, il celibato sacerdotale, l’opposizione all’ordinazione delle donne, ai matrimoni misti, all’omosessualità, all’aborto; ha disquisito sul significato dell’inferno e su “troppo” altro.

Per lui servire Gesù Cristo era ciò che contava, e non servire la Chiesa che ha preso il suo nome. Per molti cattolici, l’immagine di Hans Küng era decisamente molto avanti nei tempi.