di Vittorio Volpi

Il Financial Times sostiene oggi in prima pagina che Pechino mette a segno un grosso colpo, un successo politico con la fornitura del vaccino per il Covid-19 nell’America del Sud.

Normalmente i successi geopolitici si basano su conquiste economiche, militari, nello spazio, ma c’è un angolo dei rapporti fra paesi che se ben sfruttato può conseguire successi impensabili: il soft power. Il potere leggero può essere di utilità maggiore rispetto ad altri tipi di interventi (propaganda anche subliminale, attenzioni, favori ad un paese particolari). Questa volta il soft power che persuade le controparti sulla bravura, umanità, affidabilità della superpotenza cinese è il vaccino.

immagine Pixabay

Essendo lontani, in questa crisi pandemica, in Europa sentiamo poco parlare di alcuni paesi lontani da noi. Con poche eccezioni, come in particolare della catastrofe indiana, le immagini di Varanasi, con le pire che bruciano i morti. Tutte immagini che quasi ci fanno dimenticare i nostri problemi e dell’America del Sud, quasi nulla si conosce ad eccezione de disastro sociale del Brasile e della discutibile maniera con cui il Presidente Bolsonaro affronta la pandemia.

 Interessante è invece osservare come Pechino e Washington si confrontino, per ora a colpi di soft power, in merito alla pandemia in quel Continente (sud americano) che sappiamo essere molto importante, ma frastagliato.

Storicamente gli Stati Uniti contano amici e nemici anche con rapporti antichi e consolidati. Negli ultimi decenni però  la situazione sta cambiando.

L’avvicinamento di alcuni di questi paesi a Pechino è sempre più evidente. Approfittando della pandemia la  Cina ha già spedito la metà delle 143 milioni di dosi stanziate per le 10 nazioni più popolose. Si tratta del Sinovac, uno dei vaccini cinesi che magari è meno potente rispetto ad altri, ma comunque efficace ed è come la manna dal cielo per la maggioranza di questi paesi. Il Giornale scrive “la Cina da tempo cercava di guadagnare terreo con la soft diplomacy attraverso la regione ed il Covid le ha offerto l’opportunità di essere vista in una luce positiva nel momento di grande bisogno”.

La Cina fa quindi passi avanti in Sud America, con poche eccezioni. Un contraccolpo in Brasile per esempio, dove le forniture di Sinovac sono state ridotte a causa di commenti non graditi da parte del Presidente Bolsonaro.

Altro paese emarginato dai cinesi è il Paraguay, per un motivo politico ostile alla Cina. Il piccolo paese infatti è rimasto uno dei pochi a continuare a mantenere relazioni diplomatiche con Taiwan che Pechino considera parte della Cina e quindi solo una provincia ribelle.

Ovviamente a Washington, un po’ tardi, si stanno svegliando. Antony Blinken, Segretario di Stato, in una conferenza della American Society, ha annunciato  giorni fa che entro i prossimi due mesi gli Stati Uniti forniranno 60 milioni di dosi dai propri stocks, senza però specificare a quali paesi del Continente saranno destinati. Peraltro non direttamente, ma via l’organizzazione mondiale della sanità (OMS) cui ha già fornito più di 50 milioni di dosi di Pfizer e Astrazeneca.

Ora, tutti questi movimenti che di umanitario hanno ben poco, anche se ovviamente utili perché salvano vite, danno un’idea di come sia cambiato il confronto fra le due superpotenze Usa-Cina.

Nella guerra fredda precedete lo scontro era più Ovest contro Est, America e alleati contro l’Urss e la sua cortina di ferro. Oggi le evidenze ci mostrano che la geografia è  molto più ampia.  Non militare, né in Africa né in Sud America e piuttosto su scala mondiale.

A colpi di spillo, detto in termini di linguaggio internazionale, di soft power. Dove la Cina sta dando lezioni a profusione al gigante americano.