Colpito e annientato il grattacielo dell’Associated Press e di al Jazeera

La violenza tra palestinesi e israeliani si è espansa in nuove direzioni dopo il quinto giorno consecutivo di attacchi. A Gaza l’esercito israeliano ha distrutto un grattacelo che ospitava gli uffici dei media Associated Press e Al Jazeera, che fortunatamente avevano chiesto al proprio personale di evacuare lo stabile prima dell’attacco.

La risposta dell’aviazione israeliana continua dopo più di 2’300 razzi palestinesi lanciati verso Israele nell’ultima settimana. Secondo il ministero della Salute palestinese, il bilancio delle vittime è salito a 139, inclusi 39 bambini, con circa mille feriti.

Le violenze si stanno svolgendo durante la commemorazione del “Nakba Day”, il giorno in cui ogni anno i palestinesi rievocano lo sfollamento nel 1948 in cui circa 700 mila civili avevano dovuto abbandonare le loro terre e le loro case, quando fu fondato  lo Stato di Israele. Mai come quest’anno, quello che viene chiamato il giorno della catastrofe, è accompagnato da battaglie politiche e civili che si svolgono su uno sfondo di violenza sulle strade di tutte le città arabo-israeliane e sul confronto militare sulla Striscia di Gaza.

La confisca delle proprietà dei profughi arabi da parte di Israele non può essere reclamata dai palestinesi, cosa che viene garantita invece agli ebrei che avevano proprietà nella parte araba della città di Gerusalemme prima del 1948. Questo tema viene spesso ignorato, anche se esistono prove dell’esistenza di un piano di espulsione dei palestinesi, sia negli archivi dello Stato d’Israele che in quelli delle Nazioni Unite e della Gran Bretagna. Infatti, stando agli accordi del 1916 stipiulati  a seguito della sconfitta dell’impero ottomano nella prima guerra mondiale, gli inglesi hanno potuto governare tra il 1920 e il 1948 quella regione del Medio Oriente che comprendeva zone storiche del Libano, Israele, Palestina e parti della Siria e Giordania (chiamate Terre della Cananea) e la regione che, secondo i testi sacri dell’ebraismo, fu promessa da Dio ai discendenti di Abramo attraverso il figlio Isacco, e alle dodici tribù israelitiche discendenti di Giacobbe, nipote di Abramo Da sempre, la convivenza tra arabi e ebrei è tutt’altro che semplice.

Il primo ministro israeliano Netanyahu ha trovato vantaggio da questa crisi dopo che la sua carriera politica sembrava minacciata nelle ultime settimane dalla sua non riuscita nell’incarico di formare il governo dopo la quarta elezione parlamentare tenuta in Israele in meno di due anni. E anche il gruppo palestinese militante di Hamas (dichiarata da molti paesi un’organizzazione terroristica) che non riconosce la legittimità dello Stato di Israele, è riuscito a prendere slancio.

Una serie di ingiustizie commesse da Israele, la minaccia di espulsione delle 28 famiglie palestinesi da Gerusalemme Est come annunciato dalla Corte suprema israeliana, gli attacchi aerei su Gaza, il raid della polizia nella moschea di Aqsa ritenuta sacra dall’Islam: tutto questo ha portato allo scenario di proteste e violenze a cui stiamo assistendo in questi giorni.

Anche se si sta mediando per un cessate al fuoco, la violenza etnica si è maggiormente diffusa nelle città miste in Israele e in tutta la Cisgiordania. I conflitti sono scoppiati in aree un tempo note per la convivenza tra ebrei e arabi, spezzando ogni segno di vita civile comune. Nessun leader arabo ha contattato il presidente dell’Autorità Palestinese, Mahmoud Abbas, durante le violenze iniziate nella Striscia di Gaza e in Cisgiordania contro le forze israeliane. Secondo Fatah, il partito di Abbas, pare che dal comportamento di parte del sistema arabo si possa evincere che ci sia una collusione segreta con il primo ministro israeliano per perpetuare la divisione tra i palestinesi.

Gli Emirati Arabi Uniti, hanno minacciato il gruppo Hamas di non fornire più gli investimenti economici se non riuscirà a raggiungere presto un accordo per cessare il fuoco con Gerusalemme. “Siamo pronti e disponibili a promuovere progetti civili a Gaza in cooperazione con l’Autorità Palestinese e sotto la gestione della Nazioni Unite, ma la condizione necessaria è la calma”, ha detto un funzionario degli Emirati, “Se Hamas non si impegna a mantenere la calma completa, condannerà gli abitanti di Gaza ad una vita di sofferenza. I suoi leader devono capire che le loro politiche stanno prima di tutto danneggiando il popolo palestinese”, ha aggiunto durante un’intervista al quotidiano Globes.

L’amministrazione Biden è rimasta per lo più in silenzio su questa escalation in Medio Oriente, senza rilasciare osservazioni frettolose. “Israele ha il diritto di difendersi quando ha migliaia di razzi che volano nel suo territorio”, ha detto Biden. “La mia aspettativa e speranza è che questo giunga a conclusione il prima possibile”, ha dichiarato. Il presidente turco Erdogan, durante un colloquio telefonico con il presidente russo Putin, ha sottolineato la necessità che “la comunità internazionale dia a Israele una lezione forte e deterrente per le sue azioni contro i palestinesi”, invitando il Consiglio di Sicurezza della Nazioni Unite ad intervenire con messaggi determinati e chiari. Erdogan ha anche suggerito a Putin di prendere in considerazione una forza militare internazionale per proteggere i palestinesi