Lacca naturale. Oro naturale. Uso del bianco e nero. Lo scorrere del tempo. Il tempo di un frammento nelle immagini di una fotografia. Arriva a Milano la mostra “KIN”alla galleria Expowall nella vicina Italia. Si è avuto modo di parlare in altri articoli della così detta “poetica del frammento”, ma mai , come in questo tempo di pandemia,  questo modo di essere, tipicamente umano, ha coinciso con l’essere tutti in quarantena. 

In una sorta di “mondo fuori” e “mondo dentro”, arriva a Milano la bella mostra KIN di Carola Guaineri e Anita Cerrato che associa le fotografie con la tecnica giapponese dello kintsugi e che segna una sorta di “mappa”, di percorso dove la nostalgia tipica di questo periodo per parenti ed amici o “gente” in generale, si associa (ma non troppo) ad una sorta di “scontato mood” da riavere. Da riprendersi. Segnare il passaggio del tempo, valorizzandolo e dantogli un arricchimento “sentimentale”.

Un progetto durato tre anni, ci racconta Anita Cerrato che ha appreso la tecnica del kintsugi originale presso alcuni maestri giapponesi. e che nel 2015, insieme a Giancarlo Bozzani, artista e designer, ha fondato “Kintsu Handmade”.e la prima cosa a colpire è sicuramente l’effetto di fascino e curiosità del “non nascondersi”, come quella della foto scattata a Oslo presso il “Parco delle sculture Vigeland” (una delle attrazioni in assoluto più visitate della Norvegia recita il comunicato stampa) ben esemplifica il senso profondo di questa mostra: l’immagine di una Vigelansanlegget, ovvero la installazione Vigeland,  di una delle oltre 200 sculture realizzate da Gustav Vigeland  (meglio conosciuto per aver disegnato la medaglia che viene consegnata al premio Nobel) nella prima metà dello scorso secolo. Una foto che diventa appunto grazie a “KIN 金 ” ovvero quello spazio dorato lungo il rompersi della fotografia, sintesi e forma dello stato d’animo che,di questi tempi, ha avvolto un pò tutti: l’attesa attonita.

La mostra di queste due artiste, dal titolo appunto “KIN 金 ” è ad entrata libera e sarà visitabile da lunedì a sabato su appuntamento fino al 18 giugno 2021 presso la galleria fotografica Expowall a Milano, in Italia. Uno spazio inedito, nuovo nel quartiere milanese per antonomasia più in fermento in questo periodo, Porta Romana (di cui abbiamo avuto già modo di parlare), epicentro di nuovi ed inediti scenari culturali ed attività artistiche. Spazio fisico , quello di questa piccola galleria, che diventa e vuole essere riflessione in particolare per le nuove generazioni. Quindi ottima la scelta di queste due artiste.

Tra ricostruzione e rinascita, il lavoro fotografico di Carola Guaineri, che ha iniziato il suo percorso come fotografa nel 1991, dopo aver visto la mostra del fotografo Ansel Adams. Artista eclettica del bianco e nero,sviluppando il suo lavoro ancora in camera oscura, “parla” in modo diretto attraverso un archivio fotografico ricco e mai scontato che entra in sinergia con l’arte giapponese del Kintsugi di Anita Cerrato ed il testo di Luigi Guaineri quadi sottovoce, per poi amplificarsi nel messaggio stilistico alla base. Partendo dal testo e con l’aiuto di una sorta di percorso emozonale delle parole, ecco che in una bella sintesi viene presentato il progetto alla base di KIN e durato 3 anni come ci racconta Anita Cerrato e che leggiamo nel comunicato dove la parola significa oro in giapponese è questa è una selezione di 14 fotografie stampate in camera oscura da Carola Guaineri, poi strappate e riassemblate attraverso la preziosità di un filo d’oro da me, con la tecnica originale giapponese con lacche naturali e oro naturale.

Quasi una sorta di voler “valorizzare” il tempo che passa sulle fotografie che impressionano immagini che emozionano (o che si amano, come la fotografia d’archivio del nonno della fotografa mentre fa colazione o quelle scattate con la macchina fotografica originale sempre del nonno dalla fotografa, come lei stessa ci racconta). Spiegano le artiste: «Il nostro progetto, più che mai attuale oggi, è nato più di tre anni fa. Partiamo dalle foto stampate in camera oscura, le strappiamo, e le restauriamo con la tecnica del kintsugi originale. Ci sono voluti tutti questi anni per fare una ricerca approfondita sui materiali e sulle tecniche, dato che le foto sono veramente strappate, incollate, stuccate e dorate utilizzando lacca urushi e oro zecchino. La grossa difficoltà tecnica è dovuta al fatto che le carte che si usano per la stampa, baritata e politenata, sono delicatissime e temono l’umidità, mentre la lacca urushi per polimerizzare ha bisogno del cosiddetto muro: una camera rivestita di legno dove ci siano almeno 20° e il 65% di umidità relativa».  

«Cosa c’è sotto quel filamento d’oro? – si chiede l’autore del testo di presentazione.  “Cosa c’è sotto l’attimo rappreso in una fotografia? E se fosse un rumore, o un suono? Magari una parola? Il rumore di un vaso che si rompe. Il suono che circonda il momento in una fotografia. Sotto l’abile tessitura di quel filo d’oro vi è l’eco del rumore di un vaso che si rompe, il rumore di una fotografia che si è strappata. Già, perché il fascino, o per alcuni solo la curiosità, di una tecnica come quella del Kintsugi, è di non nascondersi. È nel non-esser-invisibile, nel non avere la pretesa di restituire l’oggetto ad una sua presunta originalità. Al contrario, è ben visibile il suo intervento. Fino al punto da esserne parte integrante, e non semplicemente una cicatrice. Quel filo dorato non ripara solamente, crea. Se a rompersi è una fotografia? Un vaso è un oggetto concreto, rimanda ad un uso. Una fotografia invece a cosa rimanda? E cosa evoca l’intervento del kintsugi.  È qui che la collaborazione tra Carola Guaineri e Anita Cerrato assume le valenze del gioco e del rimando, dei richiami e degli echi, e intende suggerire un invito a interrogarsi su alcuni aspetti che ci riguardano, non solo individualmente».

Arte del frammento. Fascino e curiosità, ascolto ed attesa. Fotografie strappate, ricomposte, tracciate da un percorso che sono diventate “altro” nel frammento stesso dello strappo colorato d’oro su toni di grigi fotografici sovrapposti e mai violenti o cupi. Ed in quell’altro, quello del formato fotografico e del bianco e nero, in quel frammento, riconoscersi. I soggetti ritratti diventanto frammenti essi stessi. Attori di quel “ricominciare”. In attesa di mettere un punto a capo. E riprendere il proprio cammino. Siano essi persone, animali, cose ritratte. Una mostra “benaugurante”, insomma. Alla ricerca del frammento mancante della vita che, per la tecnica del kintsugi, un filo dorato non solo ripara, ma crea.